lunedì 5 dicembre 2016

Westworld o il mito della Caverna spiegato alle masse

Dopo un eterno silenzio, torno a farmi sentire brevemente sulle pagine di questo blog per esprimere il mio parere, privo sostanzialmente di spoiler, su una serie TV che merita indubbiamente la visione (magari ripetuta, per coglierne meglio il - solo apparentemente - complicato intreccio di trame e sottotrame, che formano il patchwork attorno alla struttura portante).
Senza appunto cercare di farmi infamare per inutili spoiler da parte di quelli tra voi che non hanno ancora visto l'ultima puntata della prima stagione (che ovviamente chiude un cerchio aprendone almeno altri due), ecco qualche considerazione di massima:
- La serie è splendida a livello visivo e semplicemente mirabile per commento musicale, sia per la bellissima colonna sonora originale Ramin Djawadi (già autore dello score di Game of Thrones), sia per la geniale idea degli inserti musicali contemporanei adattati per il setting western.
- I riferimenti alla filosofia socratica e platonica, ricordati nel titolo di questo post, sono continui, insistiti, coerenti, una sorta di Socrates 101 per un pubblico che invece più probabilmente vi coglierà i pur numerosi e insistiti riferimenti dickiani (e tutto il complesso trasuda sensazioni e riflessioni profondamente intrise di misticismo e solipsismo del buon vecchio Philip): certamente il mito della caverna, fin troppo banale da identificare, ma anche il continuo rifarsi alla riminescenza, all'esistenza di un demiurgo, per finire con lo "gnothi seauton", il nosce te ipsum, il conosci te stesso, lei motif del pensiero socratico - pur di derivazione delfica - qui usato da Nolan come elemento cardine del suo "labirintico" intrigo.
- E proprio di Jonathan Nolan voglio parlare per chiudere questo breve pensiero: l'artefice dietro le quinte del più grande capolavoro del fratello Christopher - quel Memento che secondo me resta l'esempio perfetto del puzzle film che ha imperato sul grande schermo a cavallo fra i millenni, e la cui chiave interpretativa Jonathan riprende nella prima puntata di Westworld con l'aiuto della mosca - torna a riflettere sui temi che da sempre ne hanno caratterizzato la narrazione - pensiamo al già ottimo Persons of Interest, specialmente da quando il suo sviluppo ha lasciato da parte la natura episodica e sfilacciata delle prime stagioni, per concentrarsi sulle sue ramificazioni profonde, fatte di cospirazioni profonde e burattinai occulti - e li sviluppa con l'aiuto della moglie Lisa Joy - cui probabilmente dobbiamo l'insistenza sulle protagoniste femminili - secondo uno schema che forse, in fondo in fondo, può sembrare persino banale e un tantino telefonato fin dalla prima puntata, ma che nel complesso appare epico e inebriante, una sferzata di buona fantascienza televisiva, che avvince e fa riflettere a un tempo, e ti spinge a schierarti senza se e senza ma dalla parte dei burattini, nella speranza che trovino realmente l'uscita dalla caverna.