Francesco Troccoli, Falsi
dei, Curcio 2013, 320 p., € 15,90
Volendo estrarre da questo romanzo una frase che lo
rappresentasse, ci sembra indicata questa: "umanamente alieno".
Perché in questo libro tutto è estraneo, dalla dimensione temporale situata
migliaia di anni oltre il nostro futuro ai corpi celesti dalla caratteristiche
inusuali, dalla antropologia degli esseri viventi ai macchinari
ipertecnologici, dalla psicologia di certi personaggi alla stessa struttura
sociopolitica. Persino gli appassionati di fantascienza di vecchia data troveranno
concetti se non proprio originali almeno rivisti con passione e moderna
consapevolezza: l'anomalia spaziotemporale, i longevi, i privi di sonno (e
dunque di sogni), la gestalt tra
menti eccetera. Eppure, al contempo, tutto è profondamente umano: la gerarchia
militare che rispecchia la situazione politica, i sentimenti (buoni e cattivi)
delle persone e le loro pulsioni, la preponderanza del potere economico...
tutto perfettamente riconoscibile anche se ambientato in un altro tempo e in un
altro spazio.
Non sappiamo se l'autore lo giudicherà un complimento, ma a
noi questo romanzo ha ricordato un grande scrittore di SF americano, Alfred E.
Van Vogt, sia per gli improvvisi colpi di scena che sembrano rivoluzionare la
trama - ma in questo caso sono per lo più cambiamenti di prospettiva - sia per il
numero e la grandiosità dei concetti messi in campo, dai viaggi interplanetari
alla riscoperta del pianeta Terra come culla della civiltà fino ai vari
dualismi che entrano nel background della storia: normali/longevi, mente
individuale/mente collettiva, dormienti/insonni, tecnologia/barbarie (o
presunta tale), ricchezza/povertà. E se
manca, quanto mai opportunamente per i nostri tempi, la dicotomia uomo/donna
(nell'universo di Troccoli i due sessi sono alla pari) è invece presente il
rapporto padre/figlio, perché l'autore non scrive ai tempi di Van Vogt ma ai giorni nostri e condisce l'avventura
con riflessioni non banali, spaziando dall'economia alla filosofia e
privilegiando l'introspezione e la caratterizzazione dei personaggi.
Il romanzo continua le avventure di Tobruk Ramarren,
l'avventuriero che già avevamo apprezzato nel precedente Ferro sette (Curcio 2012), questa volta inviato in missione
diplomatica su un lontano pianeta che rivelerà un forte sorpresa, missione
complicata da ammutinamenti, da nanovirus, dal comportamento delle popolazioni
locali, da tradimenti vari. Una trama ricca d'azione che però non è fine a se
stessa ma accompagna il lettore alla scoperta di situazioni straordinarie, con
qualche spunto di riflessione. Un romanzo che forse non è un capolavoro ma si
legge volentieri e, pur con qualche lungaggine in alcuni momenti, scorre dall'inizio alla fine.
Gian Filippo Pizzo
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