venerdì 25 ottobre 2013

Sleepy Hollow

Bentornati indietro di vent'anni, ai meravigliosi tempi di Sunnydale e dell'allegra combriccola di liceali ammazzavampiri di Whedon & co. E' questa la prima impressione dopo aver visto le prime due puntate di Sleepy Hollow, la nuova serie targata Fox (non a caso), che cerca di riambientare in chiave moderna il classico folk tale americano di Washington Irving, portato con discreto successo al cinema una quindicina di anni fa da Tim Burton.
L'inizio colpisce subito il bersaglio - almeno con me - con una scena di battaglia della guerra d'indipendenza americana e l'entrata in scena del cavaliere da lì a poco senza testa dotato di ascia bipenne che caratterizza il racconto popolare, presto seguita da titoli di testa con Sympathy for the Devil dei Rolling Stones (non nella cover dei Guns'n'Roses, presente nei titoli di coda di Intervista con il Vampiro). Una volta inseriti nei giusti binari, il telefilm racconta le vicende di Ichabod Crane, professore di Oxford arruolato nell'esercito di sua maestà britannica per combattere contro le colonie ribelli, ma presto passato all'esercito di Washington dove ha ricevuto l'incarico di combattere il male, impersonificato dai quattro cavalieri dell'apocalisse (il decapitato armato di ascia è la Morte), compito che riuscirà a espletare (attraverso un incantesimo della moglie Katrina, una strega dedita alla magia bianca) anche nel 2013, quando si risveglierà a Sleepy Hollow, pronto ad affiancare una giovane tenente della polizia locale e - immagino - una schiera di altri personaggi nella lotta contro la Fine prossima ventura.
Ben realizzato e ben diretto, il telefilm mi ha preso in particolare per la figura di Crane- ottimamente resa dal poco conosciuto Tom Mison, attore di teatro britannico - e il suo eloquio settecentesco (miseramente restituito dai sottotitoli che ho scaricato, ma spero degnamente riconosciuto nel doppiaggio italiano ormai imminente), e aldilà di alcune imprecisioni e passaggi piattamente televisivi, mi sembra che ci siano tutte le premesse per poter vedere un buon telefilm di azione soprannaturale, come era il buon Buffy delle origini.
Curiosa e molto azzeccata la presenza di Clancy Brown, il Kurgan di Highlander (e parlando qui di teste mozzate, chi meglio di lui?), in un ruolo che probabilmente potrà essere significativo pur necessariamente di contorno vista... NIENTE SPOILER... guardatelo.
Vediamo se reggerà al trascorrrere degli episodi (peraltro pochi, trattandosi di una stagione di 13 puntate - con già il rinnovo per la seconda però), visto che secondo me l'idea è interessante, ma andrebbe consumata e gustata in un numero limitato di stagioni (non mi sembra abbia lo scheletro sufficiente a reggere il peso di parecchie annate - proprio come, secondo me, ma credo di essere in minoranza, Buffy.
Insomma, se siete in cerca di un nuovo telefilm per questo inizio di stagione, potete pescare molto ma molto di peggio.


mercoledì 16 ottobre 2013

Alghe - un inedito di Stanley Weinbaum

Ci siamo: è finalmente disponibile - in formato ebook e in volume cartaceo - l'antologia di racconti Volo su Titano di Stanley G.Weinbaum (tutte le informazioni sul sito dell'editore www.fratinieditore.it), che sarà presentata in anteprima oggi pomeriggio (17 ottobre) alle ore 18 presso Stratagemma, a Firenze.
Come promessovi, dopo avervi omaggiato la scorsa settimana di un racconto poco conosciuto di Weinbaum (Luna di Marea), ecco oggi una vera chicca: un inedito - a firma Weinbaum e Ralph Milne Farley - apparso nel 1936 sulla celeberrima Astounding.
Rispetto ai nostri altri ripescaggi contenuti nel citato volume, questo Alghe (il titolo originale Smothered Seas non suonava molto bene in italiano) è indubbiamente un prodotto minore, zeppo di stereotipi (la figura femminile è una macchietta a tratti indecorosa), dal passo molto più lento e pesante del consueto, e soffre sicuramente del non essere tutta opera di Weinbaum, ma di un rimaneggiamento, non è possibile dire quanto esteso, di Farley (autore di ben più modesta qualità). Nonostante questo, il lungo racconto è interessante come "what if", come idea di storia alternativa - quella di un conflitto fra Stati Uniti e Asia - estremamente presente in quegli anni e di lì a poco effettivamente verificatasi con il conflitto mondiale con il Giappone. Vi lascio quindi al racconto, buona lettura


Alghe

Era il 2000 e l'America combatteva per la propria vita contro l'Unione Asiatica. Nonostante questo, il popolo americano, perfino gli ufficiali dell'esercito, trovava modo di divertirsi. Era una necessità, per allontanare la mente da quella lotta titanica.
Il tenente Richard Lister, con indosso i calzoncini da bagno, sedeva sul telo da spiaggia e fissava ombroso l'oceano Pacifico verso Seal Rocks e oltre; con la mani stringeva le ginocchia abbronzate, il viso altrettanto brunito pieno di tensione.
"Non parliamo della guerra! Parliamo un po' di noi!" propose a Sally Amber, che gli sedeva accanto.
La ragazza spostò su di lui i suoi strani occhi scuri e inquisitori.
"Non dovresti sentirti così, Dick" disse seria. "Specialmente visto che appartieni a un ramo particolarmente importante del servizio. Non sto scherzando, sono molto seria. Dove sarebbe oggi il Paese senza il vostro Dipartimento di Biologia e Batteriologia Militare? Saremmo stati tutti quanti spazzati via dai germi asiatici!"
"Come no, e se non fosse stato per i loro scienziati, sarebbero loro a essere stati spazzati via dai nostri! Siamo a un punto morto, uno stallo, te lo dico io, non diversamente da tutta questa guerra. Guarda l'Alaska: da più di un anno ormai il Khan occupa quel piccolo angolo da Rocky Point a Capo Espenberg e non siamo stati in grado di far spostare la linea del fronte di un solo centimetro, proprio come lui non è stato in grado di fare altrettanto dalla nostra parte del confine. Entrambi gli eserciti sono protetti da quegli impenetrabili campi elettrici di Beckerley.
"L'Alaska è la chiave di tutto, vista la presenza dello stesso Khan. Se potessimo penetrare il suo campo Beckerley ed eliminarlo, l'intera Unione Asiatica si sgretolerebbe. Solo una personalità del suo stampo è in grado di tenere assieme gruppi naturalmente ostili fra loro come i Siberiani, i Giapponesi, i Cinesi, i Tartari e così via. Senza di lui, si sbranerebbero a vicenda nel giro di poche ore!"
"Beh, e come mai nessuno lo fa?" chiese Sally con una qualche malizia.
"Dio solo sa quanto ci abbiamo provato!" esclamò Lister. "Più di dieci volte dei coraggiosi americani sono penetrati oltre le linee nemiche e hanno provato ad assassinarlo, solo per finire catturati e sottoposti a torture spaventose, preludio di una morte orribile".
La giovane rabbrividì e si coprì le spalle con il telo da spiaggia.
"Non credo di potermi definire una 'coraggiosa americana'".
"Scommetto che lo sei".
"Come mai le truppe americane non sono sbarcate in Asia?"
Lister la fissò perplesso.
"Lo sai bene quanto me. Per quanto l'America abbia il controllo del mare dopo aver annientato la flotta del Khan sei mesi fa al largo delle Marianne, l'Unione ha dieci milioni di uomini armati in Asia. Che senso avrebbe fare sbarcare anche cinque milioni dei nostri contro una tale preponderanza numerica? No, dobbiamo eliminare in qualche modo quel pazzo di un Khan in Alaska!”
"Non è matto!" replicò inaspettatamente la ragazza.
"E come fai a saperlo?"
"Io...io... l'ho visto".
"Non sapevo fossi stata in Alaska".
"Ci sono un sacco di cose che non sai di me" ribatté Sally. "Mio padre è morto, sono piuttosto ricca e ho viaggiato molto. Tre anni fa ero nella capitale orientale, Harbin. E sono stata anche a Mosca, la capitale occidentale, a dire il vero".
"Quindi hai visto quel pazzo di un Khan" la schernì. "Hai mai visto la donna che chiamano la principessa Stephanie? Che aspetto ha? Si dice che sia alquanto bella".
Sally alzò le spalle. "Oh, è carina, se ti piace il tipo" replicò con leggerezza. "E' scura e con sangue kazaro nelle vene; ha grosso modo la mia stessa età e... comunque sia, perché questo interrogatorio? Continua pure la tua riflessione".
"Su di noi?" chiese speranzoso.
"No" Allungò una mano delicata e sfiorò dolcemente il ginocchio del compagno. "Sui campi Beckerley. Cosa sono? Come funzionano?"
Richard aggrottò la fronte pensieroso, cercando di scegliere vocaboli comprensibili per la ragazza.
"Si tratta di un'applicazione dell'esperimento di Morelle sulle correnti elettriche parassite. Io sono un botanico, non un ingegnere, ma so che l'intera idea verte sulla rifrazione delle linee di forza magnetica.
"Funziona così: sopra il fronte di ciascun esercito sul fronte dell'Alaska gli scienziati hanno creato una cupola di tensione elettrica, un campo magnetico. Qualsiasi bomba o proiettile attraversi quel campo raggiunge il calor bianco pre via delle correnti elettriche parassite indotte dal campo, ed esplode subito a mezz'aria.
"Allo stesso modo, ogni città è protetta da questo campo Beckerley. Sai bene come qualsiasi auto-cottero, una volta uscito dai confini cittadini di San Francisco, debba fermarsi ed essere sospinto fin oltre il campo magnetico da una metropolitana schermata. Si effettua questa operazione per evitare che la benzina del serbatoio si riscaldi fino al punto di esplodere".
"I proiettili solidi invece?" chiese Sally.
"Quelli possono attraversare il campo, ovviamente, ma quale possibilità ha un tale proiettile di infliggere danno? Basterebbero i nostri elicotteri ad abbattere qualsiasi flotta aerea nemica ben prima che questa possa arrivare a sganciare abbastanza proiettili solidi da arrecare un danno apprezzabile a una qualsiasi città. E il massimo che una parte o l'altra potrebbe causare in Alaska è scheggiare qualche parete montuosa nello Yukon.
"No, siamo in situazione di stallo: abbiamo precluso al Khan l'accesso diretto al mare, ma il suo enorme esercito di terra ci impedisce un'invasione dell'Asia, e nessuna delle due fazioni può avanzare di un metro in Alaska per via dei campi magnetici. Non può nemmeno trasformarsi in una guerra d'attrito, perché sia gli Stati Uniti che l'Unione Asiatica sono del tutto autosufficienti e non c'è modo di prenderle per fame".
"Ne sei convinto?" chiese Sally Amber con una strana voce. All'improvviso scrollò le spalle, lisce e abbronzate, come se volesse cambiare argomento. "L'ammiraglio Allen sarà qui sabato?" domandò casualmente.
"Come? No, non credo..." Lister si trattenne. Allen gli aveva parlato, in modo strettamente confidenziale, di un possibile attacco per tagliare la linea di rifornimento asiatica in Alaska, con un assalto concentrato sullo stretto di Bering; la flotta del Pacifico, tenuta in riserva fin dal successo alle Marianne, sarebbe salpata in gran segreto all'alba di sabato.
"Perché fai una domanda del genere?" sbottò infuriato. "Se anche lo sapessi, non potrei dirtelo, e lo sai benissimo".
La ragazza scoppiò a ridere. "Sciocchino!" lo canzonò, "Solo che mi era venuta l'idea di invitare te, lui e quel detective volante, Jim Cass, per una cenetta a casa mia sabato. Sai, non ho ancora incontrato Cass, e me ne hai parlato così tanto da farmi incuriosire. Dopo tutto è tuo amico, Dick..."
Gli sorrise molto tenera.
Lister scosse la testa. "Il capitano Cass non è mio amico" dichiarò. "E' solo un ufficiale dei servizi segreti militari che passa di tanto in tanto dal mio laboratorio e ci ficca il naso in cerca di indizi e problemi. Mi fa venire i brividi. Non ho mai conosciuto un uomo più freddo di lui! Non esiterebbe un istante a mandare sua madre davanti al plotone di esecuzione, se così facendo vincessimo la guerra".
"Beh, tu e io non faremmo lo stesso per il nostro Paese? E poi, è proprio la sua freddezza a intrigarmi. Voglio incontrarlo".
"Fa' pure. Hai tempo per un'altra nuotata?"
La ragazza atteggiò le labbra a una smorfia di disgusto. "Oh no!" esclamò senza indugio. "L'acqua è così piena di quell'orribile fanghiglia verde che non mi va proprio di nuotare. Torniamo in città".
"E' vero, fa schifo," ammise il compagno. "ma è soltanto un tipo particolare di alga. Ne sono state trovate tracce perfino nell'acqua potabile. E' innocua, ma dovrebbero disinfettare la riserva d'acqua cittadina". Si alzò e si stiracchiò. "Allora vestiamoci e andiamo".
Non erano ancora le due del pomeriggio quando l'elicottero convertibile di Sally atterrò davanti all'edificio presso il Presidio che serviva da ufficio e laboratorio dell'unità locale del Dipartimento di Biologia e Batteriologia Militare. Lister scese con riluttanza dall'apparecchio e si girò subito verso la ragazza seduta alla cloche.
"Stasera?" le chiese speranzoso.
Lei scosse la testa: "No, mi dispiace. Sono a cena con amici di famiglia".
"Allora domani?"
"Non dovrei. Io..."
"Ma lo farai" la interruppe deciso. "Soltanto il cielo sa quanto potrò restare bloccato qui e non voglio sprecare un solo istante".
"Come?" chiese Sally brusca. "Credi che ti trasferiranno?"
L'uomo si morse la lingua. "No, ma..."
Arrivò benvenuta una distrazione. Si girò a salutare un ufficiale in abito scuro, dall'aspetto piuttosto inquietante, che scendeva dai gradini dell'edificio.
"Sally, ecco il capitano Cass. Pensavo proprio di trovarlo qui oggi! Signore, lei è Sally Amber, la persona di cui mi ha sentito parlare moltissimo".
Jim Cass prese la mano che la ragazza gli porse. "Non mi meraviglio affatto che Dick abbia perso la testa" disse, fissandola con apprezzamento con i suoi gelidi occhi azzurri. "Mi scuso per aver creduto che fosse impazzito. Non pensavo che avesse tanto buon gusto..."
Lo sguardo del capitano si trasformò subitamente in un'espressione interrogativa. "Ma... non ci siamo già incontrati?"
"Se così fosse stato" rispose la donna, prima di iniziare la manovra di partenza, "non me ne sarei certo dimenticata".
Cass rimase lungamente a fissare l'elicottero ben dopo che era diventato un punto indistinguibile nella fiumana del traffico aereo.
Non era più vicino alla soluzione quando incontrò Lister il giorno seguente. Il biologo, in camice da laboratorio, era impegnato nella routine di controllare i campioni d'acqua di una mezza dozzina di città costiere, e non aveva praticamente tempo di stare a sentire il superiore.
"Oakland" bofonchiò, "conta batterica sette per c.c., nella norma. Monterey, undici, nessun problema. Vera Cruz... diamine, ha mai visto così tante alghe nell'acqua potabile? Guardi quel bricco sul davanzale. E' meno di due ore che è esposto al sole e l'acqua al suo interno è già diventata una purea di piselli. E c'è di più: i rapporti da Chicago mostrano una situazione identica.La cosa strane è che sia lo stesso anche a Londra".
"Cos'è quella roba sugli alberi?" chiese pensieroso il superiore, guardando distrattamente fuori dalla finestra. "Non l'ho mai vista prima".
"Già, l'ho notata anch'io. E' solo un lichene, una specie di muffa. E' una pianta crittogama, cioè rilascia spore. E' imparentata con... Mio Dio! E' anche lei una conferva, proprio come l'alga!"
"Beh? E allora?"
"Niente, solo che la stessa cosa che ha stimolato la proliferazione delle alghe in mare e nell'acqua potabile, ha fatto lo stesso anche con i licheni e i funghi. Le crittogame sono il tipo di piante che è apparso sulla Terra nel Carbonifero, l'età del carbone".
"Siamo quindi forse di nuovo nell'età del Carbone, quindi?"
"Ne dubito" rise Lister. "Ci sono numerose teorie riguardo allo sviluppo di quel periodo, scaturito forse a causa di un'elevata concentrazione di diossido di carbonio nell'atmosfera, o di un clima tropicale su scala planetaria, oppure di un'attività molto intensa delle macchie solari, capaci di indurre frequenti e violente tempeste elettriche sulla Terra e quindi una produzione anormale di ozono. Quest'ultimo è una forma particolarmente densa di ossigeno ed è capace di filtrare i raggi della morte..."
"Raggi della morte?" esclamò il capitano, drizzando le orecchie. Aveva prestato scarsa attenzione al monologo di Lister, ma quelle parole lo spinsero a concentrarsi: era qualcosa che il servizio segreto militare doveva sapere. "Raggi della morte?"
Lister scoppiò di nuovo in una risata. "Non del tipo che possa interessare all'esercito" rispose. "Ma esistono dei raggi solari invisibili che hanno effetti fatali sulle creature viventi. L'ozono li filtra e li rende innocui.
"E' una delle rimarchevoli capacità della natura quella di mantenere un bilanciamento sufficiente di ozono negli strati più alti dell'atmosfera per tenere lontana la quantità di luce invisibile che risulterebbe fatale per la vita umana, e nel contempo lasciarne passare abbastanza per contenere la proliferazione delle alghe entro dimensioni accettabili. Ora, se... diamine! Mi chiedo..."
"Che cosa?"
"Oh, niente. Assolutamente nulla"
"Lister," disse Cass senza giri di parole, "lei sembra capace di tenere la bocca sigillata riguardo a parecchie cose e con determinate persone. Mi domando se riesce a fare altrettanto con lo donne".
"Cosa intende dire?" chiese il tenente, con una fosca premonizione.
"Beh, per esempio, non ha detto qualcosa alla signorina Amber riguardo alla partenza della flotta, vero?"
Il biologo arrossì. Non l'aveva fatto, in realtà, ma la donna avrebbe potuto intuire qualcosa dai suoi commenti. Ma anche se fosse stato così, che problema c'era?
"Certo che no" farfugliò. "Parlando della flotta" aggiunse, "sono proprio sul punto di andare dall'ammiraglio Allen".

Arrivato nell'ufficio dell'ammiraglio, Lister giunse subito al punto. "Signore, ho meditato a lungo sul problema delle alghe e con questo ritmo di proliferazione, la vostra intera flotta potrebbe restare bloccata in una massa gelatinosa prima di arrivare allo Stretto di Bering".
"Ci avevo pensato anch'io" rispose serio Allen, ma con una leggera strizzatina d'occhio che Lister non fu in grado di comprendere.
"Ma avete ascoltato gli ultimi rapporti, signore?" insisté il tenente. "Il fiume Chicago è intasato e quella roba sta cominciando a penetrare nei bacini acquiferi di tutte le maggiori città. So che inizia a diventare un fastidio anche qui a San Francisco. In Texas, questa muffa è arrivata a raggiungere dimensioni e peso sufficiente a schiantare i rami degli alberi.
"In tutto il Paese, i binari ferroviari si stanno trasformando in letti gelatinosi di un assortimento di funghi, vesce e licheni di centinaia di specie diverse. Il loro successivo imputridirsi ha causato numerosi deragliamenti. Nelle zone più umide, i treni sono costretti a scavarsi la strada attraverso cospicui accumuli di licheni, che hanno trovato nelle fessure ombrose e nel legno già vecchio un microclima ideale per sfruttare al meglio la loro recente vitalità".
"In Asia le cose vanno anche peggio" fu la replica dell'ammiraglio. "Dicono che nella tundra i licheni crescano come fienili sulle rotaie, mentre le alghe hanno bloccato i fiumi, causando inondazioni. Ecco il motivo per cui, anche a rischio di vedere tutta la nostra flotta bloccata nel pantano, dobbiamo attaccare il Khan mentre questa inspiegabile crescita vegetale mette in pericolo le sue linee di rifornimento".
"Non lo sapevo" commentò Lister.
"Beh, se lo imprima bene in mente e non lo spifferi ad anima viva. E' una notizia riservata che è appena arrivata dai servizi. Ha una qualche idea del motivo di tutto ciò? La stavo giusto mandando a chiamare, quando è sbucato qui".
"Qualcosa potrebbe aver causato un incremento anomalo dell'ozono negli strati superiori dell'atmosfera, e questo probabilmente scherma le lunghezze d'onda della luce solare che generalmente servono a controllare la crescita delle alghe".
L'ammiraglio Allen, però, era uno di quegli uomini pratici che non avevano nessuna voglia di ascoltare una qualsivoglia spiegazione scientifica, quindi suggerì:"Non potrebbe trattarsi di una qualche diavoleria bellica degli asiatici?"
"Ne dubito fortemente, signore. Il Khan non userebbe certamente un'arma, che sembra colpire più lui di noi".

II
Quella sera, mentre Dick Lister e Sally Amber sedevano al ristorante, la donna tirò nuovamente in ballo l'argomento alghe.
"Sento dire che in Asia va peggio che qui in America" esordì.
"E come fai a saperlo?" chiese l'ufficiale sorpreso.
"Quindi è così, allora? Oh, non tutti tengono la bocca sigillata come te, Dick" rispose schiva, poi sollevò i suoi amabili occhi scuri, innocenti.
"Pensi che possa essere un'arma asiatica? O forse, visto che in Siberia sembra stiano peggio che qui da noi, un ordigno americano?"
Imbarazzato, mormorò: "E come faccio a saperlo?"
"Ma ne sai qualcosa, vero?"
Colto di sorpresa, balbettò: "Eh? Oh, certo, come no. I campi Beckerley..." Ma smise subito, incupito e irritato.
"Sally" grugnì, "questa tua curiosità tutta femminile un giorno o l'altro finirà per metterti nei guai. Siamo in guerra e la curiosità delle donne non è una scusa per torchiare gli ufficiali. So che sei onesta, ma altri potrebbero non fidarsi di te. Ti piacerebbe forse trovarti davanti a una corte marziale con l'accusa di essere una spia asiatica, solo perché fai un po' troppe domande?"
"Forse lo sono" rispose la ragazza, con un sorriso e un'alzata delicata delle sopracciglia disegnate.
"Non sto scherzando, Sally. Ci sono persone finite contro un muro per molto meno".
"Capisco" disse asciutta, "il capitano Cass ti ha fatto una ramanzina".
"Come..." iniziò il tenente, ma subito si morse un labbro.
"Come faccio a saperlo? Oh, riesco a leggere voi uomini come un libro aperto. Ogni donna può farlo. Non piaccio al capitano Cass e a me non piacciano gli uomini a cui non piaccio".
Finse un broncio indignato. Quant'era adorabile.
"Sono contento che tu non gli piaccia" dichiarò Lister. "Anzi, sarei proprio felice se non piacessi a nessuno, tranne a me".

Si ricordò di quella conversazione la sera successiva, quando Cass entrò rumorosamente nel suo laboratorio, dove stava tirando tardi per alcune analisi.
"Gran bel casino di alghe" osservò Cass, strizzando gli occhi verso la vasca da esperimento di Lister. "Dicono che quella roba stia bloccando ogni baia dell'Atlantico".
"Si poteva quasi attraversare a piedi il Golden Gate, stamane" rispose Lister, per poi proseguire con altri particolari ricavati dalle ultime notizie: orari dei treni completamente sfalsati nel nord-ovest, navi bloccate in porto in ogni parte del Paese, perfino in mare aperto, soprattutto nel Pacifico settentrionale.
Ma il capitano Cass non lo stava ascoltando. Era curvo sopra la scrivania di Lister, a fissare con attenzione qualcosa coperto dal vetro: una foto.
"Cos'è?" chiese brusco.
"Solo una foto di Sally. Non molto buona; la stampa è venuta sgranata".
"Um!" esclamò l'altro. Strinse gli occhi, poi aggiunse su tutt'altro argomento: "Ha una qualche teoria su questa proliferazione anomala delle alghe?"
"Sì" ammise Lister, stringendo giudiziosamente le labbra. "Ma non intendo rivelarla se non quando sarò più sicuro dell'ipotesi. Dopo aver verificato alcuni elementi, farò rapporto a Washington, non ai servizi segreti".
"Bene. Visto che non intende rivelare nulla ai servizi, saranno loro a dirle qualcosa, per il suo stesso bene. Ascolti con attenzione e non perda le staffe: tre anni fa, prima della guerra, facevo parte della delegazione di Harbin, e fui in grado di apprendere molte cose sulla capitale orientale del Khan. Forse non ha mai sentito parlare della cosiddetta principessa Stephanie... oppure sì?"
"Sì. E allora?"
"Un attimo di pazienza. Stephanie era la figlia di Dimitri Kazarov, il cancelliere del Khan. Suo padre Restò ucciso quindici anni fa, durante la rivoluzione giapponese, e fu il Khan stesso a occuparsi della ragazza, fin quando raggiunse l'età adulta. La notizia fu tenuta segreta, ma in una città come Harbin la gente parla, e ne parlavano ancora durante il mio soggiorno. Sembra che il Khan le abbia dato un'educazione particolare... molto, molto particolare".
"Cosa intende?"
"Voglio dire che l'ha allenata per essere la più grande spia della storia. Le sono state insegnate tutte le lingue principali, in modo da poterle parlare come un madrelingua. Le è stato insegnato a destreggiarsi in qualsiasi situazione e in qualsiasi ambiente sociale. Ha imparato la scienza militare, in modo da essere in grado di riconoscere ogni informazione importante. E, non appena è diventato chiaro a tutti che si sarebbe trasformata in una donna dall'aspetto veramente affascinante, le sono stati insegnati anche tutti i segreti delle relazioni umane! Ma sopra ogni altra cosa, e badi bene, dico sopratutto, apprese come essere fredda, spietata e immune all'amore. Può recitare il ruolo della donna innamorata, ma non prova alcun sentimento reale. Nessun desiderio, se non quello di servire l'Asia".
"Ma, non capisco..."
"Capirà. All'età di sedici anni, ovvero tre anni fa, mentre mi trovavo ad Harbin, il Khan le proibì di mostrarsi in pubblico, in modo che gli stranieri non potessero riconoscerne il volto e sminuirne l'efficacia spionistica. Quando usciva per cavalcare, non era consentito a nessuno di stare entro un raggio di cinquecento metri da lei, e nessuno, salvo gli intimi del palazzo, hanno mai visto realmente la sua faccia.
"Ma" e Cass esibì un sogghigno realmente irritante, "si dà il caso che io abbia una vista straordinaria, degna di un osservatore di elicottero, e l'ho sfruttata per osservarla dalla distanza obbligata. Una volta ho perfino puntato un visore notturno su di lei. Era veramente bellissima".
"Inizio a sospettare, signore" intervenne cupo Lister, "che lei stia per dire qualcosa di cui potrebbe pentirsi".
"Forse. Comunque sia, dall'inizio della guerra, vi sono state numerose voci riguardo una brillante spia asiatica, una donna, chiamata Nightshade. Ritengo che questa Nightshade sia proprio la principessa Stephanie, e per il resto posso dirle solo questo: Sally Amber assomiglia moltissimo a Stephanie!"
"Lei è fuori di senno!" si infuriò Lister, alzando la voce. "E' ridicolo! Sally non è asiatica. Le sembra forse orientale? Ha la pelle bianca come il marmo... quando non è abbronzata, ovviamente. Parla un americano perfetto. I suoi occhi..."
Si fermò: aveva improvvisamente visualizzato gli occhi di Sally, scuri, puri, bellissimi, ma senza ombra di dubbio, dal taglio decisamente orientale.
"Proprio così" dichiarò Cass, in risposta al pensiero inespresso dell'ufficiale.
"Tenente, da quanto conosce quella ragazza? E' certo che l'abbronzatura sia tale, e non il suo colorito naturale? Non ha forse l'età giusta? E non trascorre forse gran parte del suo tempo a coltivare l'amicizia di persone come lei, in possesso di importanti segreti militari? Che poi riesca a carpirli, è un altro paio di maniche, ma dovrebbe essere in grado di stabilire se cerca di farlo, se pone mai domande importanti, o cose del genere".
"Certo che no!" sbottò Lister, che poi lasciò andare un sospiro. Lui stesso aveva preso in giro la ragazza più di una volta, per la sua eccessiva curiosità. "Senta capitano" disse, "se Sally fosse una spia nemica... so che non può esserlo, ma se lo fosse, devo essere io a scoprirlo, tanto la amo. La lasci stare, per favore, e lasci che lo scopra da solo".
"Non sono così cinico e spietato come crede".
"Come fa..."
"Come fa a sapere cosa pensa di me? E' il mio mestiere, in quanto agente dei servizi segreti, sapere cosa pensa la gente. Ma come dicevo, mi fiderò di lei. Stasera parto in missione e starò via per due giorni. Fino ad allora, il caso è in mano sua; ma se al mio ritorno non l'avrà risolto, sarò io stesso a occuparmene".
I dubbi tormentosi che gli si affastellavano in testa non ammettavano indugi. A dispetto del fatto che Sally doveva essere già uscita di casa per andare a cena, il tenente si precipitò al suo appartamento dall'altra parte della città. Evidentemente, invece, la ragazza doveva ancora trovarsi in casa, o quantomeno in casa c'era qualcuno, visto che le luci della biblioteca erano accese. Ignorò l'ascensore, troppo lento, e corse su per le quattro rampe di scale fino al suo pianerottolo.
Arrivò davanti alla porta sudato e affannato e sì fermò un istante, per provare a ricomporsi. Fu allora che udì delle voci provenire dall'interno dell'abitazione. Provò ad ascoltare, ma non fu in grado di distinguere le parole. Forse c'era un uomo, ma non poteva esserne certo.
Non appena suonò il campanello le voci si tacquero; poi, dopo un considerevole intervallo, Lister udì il suono di passi in avvicinamento. Fu Sally in persona ad aprire la porta, il volto apparentemente stanco e teso, che subito si allargò in un sorriso quando lo riconobbe.
"Dick!" esclamò. "Che succede? Sei senza fiato!"
Entrò senza chiedere permesso. La stanza era vuota, a parte loro due. "Con chi parlavi?" chiese cupo.
"Ero al televisifono. Perché?"
"Mi era parso di aver udito una voce maschile qui dentro".
"Dick!" esclamò in tono di rimprovero. "Non credevo che la tua gelosia arrivasse al punto di farti immaginare le voci". Alzò gli occhi scuri verso di lui, seria. "Sai che non hai nessun motivo per esserlo".
"Non si tratta di quello.." iniziò un po' a disagio, ma subito sbottò: "Sally, cosa ci facevi ad Harbin tre anni fa?"
Se vi fu un subitaneo balenio negli occhi della donna, fu praticamente impercettibile. "Come... ero in viaggio. Sai che amo molto viaggiare".
"Hai detto di aver visto Stephanie laggiù" continuò. "Ti ha mai detto nessuno che le somigli moltissimo?"
Ora gli occhi della giovane erano decisamente spalancati. "Cosa... sì, certo, l'ho sentito dire. Ma, Dick, non starai pensando..." scoppiò a ridere. "Che assurdità! Non penserai che io sia Nightshade, vero?"
"Chi ha mai parlato di Nightshade?" scattò. "Come fai a sapere che Stephanie e Nightshade sono la stessa persona?"
"Cosa? Tutti hanno sentito questa voce, Dick".
"Quindi tu sei partecipe di ogni pettegolezzo" ribatté amaro. "Come mai sei così tanto interessata a tutto quanto riguardi la guerra e i suoi segreti, qualsiasi cosa da quando salpa una flotta fino alla situazione delle alghe. Sally, tu mi nascondi qualcosa".
"Sei ridicolo!" replicò indignata. Poi, d'un tratto, cambiò umore, si avvicinò al biologo e alzò lo sguardo verso di lui, con gli occhi neri innocenti. "Ti fidi di me, vero?"
"Il Cielo sa che lo vorrei!"
Le labbra della ragazza, lucide e provocanti, sorrisero. "Allora baciami!" sussurrò.
Lui le obbedì con passione. Come al solito quelle labbra ardevano come fuoco, ma all'improvviso, Sally tirò indietro la testa e gli posò le mani sul petto, come per allontanarsi dal suo abbraccio. Una delle unghie scarlatte della ragazza gli graffiò la gola in modo profondo. Con uno sguardo sorpreso di dolore, Lister la lasciò andare.
"Mi stavi facendo male" spiegò la ragazza in tono apologetico, ma gli occhi osservavano il tenente come quelli di una gatta. "Mi dispiace di averti graffiato".
"Non è niente" bofonchiò lui di rimando. Si sentiva stranamente debole; non c'era da meravigliarsi, pensò, preda com'era di quelle emozioni così violente e contrastanti. Ma d'improvviso si trovò seduto su una sedia con la testa fra le mani, mentre la stanza sembrava ruotare attorno a lui come le pale di un elicottero.
Attraverso la nebbia delle vertigini udì la voce di un uomo, e poi la risposta di Sally. "No, no" diceva quest'ultima. "Così è molto meglio. Se ti avessi chiamato, ne sarebbe seguita una colluttazione e possibili spiacevoli conseguenze, mentre ora guarda come sprofonda lentamente nel sonno".
"Mi inchino alle tue capacità, Kazarovna" rispose l'uomo. "Esiste una sola Stephanie".
"Sono felice che sia andata così. E' l'unico che conosce il segreto delle alghe, e tra breve lo saprà anche l'Asia".

III
Quando Lister fu nuovamente consapevole del mondo che lo circondava, ne notò la natura instabile. Occorsero minuti prima che si rendesse conto di trovarsi su di un aereo che viaggiava sopra una distesa apparentemente senza fine di nuvole bianche e brillanti. Passò altro tempo prima che notasse Sally Amber seduta tranquilla a fumarsi una sigaretta, accanto al pilota del velivolo, mentre lui stesso era ammanettato molto efficacemente ai braccioli metallici del sedile. Era prigioniero degli agenti del Khan.
Il suo movimento attirò l'attenzione della ragazza, che si alzò e si avvicinò al sedile posto di fronte a lui.
"Spero che tu non stia troppo male" disse cortesemente. "Mi spiace, Dick, ma è stato necessario drogarti".
"Allora è vero!" esclamò con un gemito. "Sei Nightshade, la subdola spia asiatica".
"Proprio come sono subdole le spie americane" ribatté la giovane donna. "Dick, io servo il mio Paese al meglio delle mie possibilità, proprio come tu, quel Cass e il resto degli americani servite il vostro". Sorrise: “Quel capitano Cass è molto acuto, e ho paura che i suoi sospetti possano danneggiare la mia utilità in terra americana".
"Beh, non fin quando..." Lister si morse un labbro e si affrettò ad aggiungere, "Certo che sì. Prenderà le tue foto da casa mia e le passerà al dipartimento. Come spia, ormai sei bruciata, Sally".
"Oh, non è detto. Dimentichi che hai usato la mia macchina per scattarmi le foto. Quell'apparecchio ha una particolarità che fa sì che quando sono io a usarla, si ottengono scatti nitidi e precisi, mentre quando la lascio usare a un amico, ne escono stampe un po' sfocate. O non ci avevi fatto caso?"
Se ne era accorto, ovviamente; con scarsa allegria domandò. "Dove siamo diretti?"
"In Asia".
"Lo ritenevo, infatti. E' per questo che usiamo un aereo invece di un elicottero". A parità di dimensioni e di potenza, Lister sapeva bene come gli aeroplani fossero più efficienti degli elicotteri, e il fatto che Sally avesse scelto l'aereo presupponeva un lungo viaggio.
"Perché?" chiese il tenente dopo un breve silenzio.
"Non lo sai? Perché abbiamo bisogno che tu ci riveli determinate informazioni. Sono sicura che offrirti salva la vita non serva a nulla, Dick, ma ti prometto sarà così, se può fare qualche differenza".
"No" rispose tetro. "Non venderò il mio Paese solo per salvarmi la vita. Comunque, non ho la minima idea di quale informazione potrei darvi. I vostri batteriologi sono bravi almeno quanto i nostri, visti i risultati delle reciproche epidemie".
La ragazza scosse i lunghi capelli neri. "Non si tratta né di batteri né di epidemie, Dick, ma di alghe!"
"Alghe! E perché?"
"Perché tu sai la ragione di questa piaga fangosa nelle acque mondiali e dei licheni e delle muffe sulla terra. E' un'arma americana, e l'Asia vuole conoscerne il segreto. Per noi vale più di qualsiasi altra cosa!"
"Sul serio?" domandò accorto Lister. "E come mai?"
"Non fare il finto tonto, Dick. Sai benissimo quali danni stia provocando la proliferazione anomala dei licheni in Siberia. Ostruisce le linee ferroviarie, proprio come le alghe bloccano il traffico fluviale. Sai come sia importante per noi rifornire di benzina e di carbone la nostra forza di spedizione in Alaska, per mantenere attivi i campi Beckerley, e sai anche che se le nostre industrie petrolifere dovessero arrestare la produzione per mancanza di carburante, la guerra finirebbe. Saremmo sconfitti.
"Voi Americani usate il carbone dell'Alaska, ma il nostro deve arrivare dalle montagne Stanovoi, o attraverso il Mare di Okhotsk, o per ferrovia attraverso Dezhnev. E inizia a diventare impossibile mantenere attive le ferrovie, visto che la Siberia è strangolata da quel maledetto lichene".
"E passare per la via d'acqua?"
"Acqua! Le navi sono bloccate in tutti e sette i mari. Guarda laggiù!".
Abbassò lo sguardo e attraverso un ampio squarcio fra le nuvole vide il Pacifico, oltre tremila metri più in basso sotto al vetro del pavimento. Il mare aveva un aspetto strano: non era blu, ma verde brillante. Stringendo gli occhi per scrutare meglio, riconobbe due piccoli vascelli immobili sulla distesa verde.
"Siamo a questo!" mormorò fra sé, chiedendosi in quale situazione si trovasse la potente flotta di Allen. Avrebbe provato a penetrare quel mare congestionato? A Sally disse: "Benissimo. Per quel che mi riguarda, più la Siberia finisce strangolata, meglio è".
Per la prima volta da quando la conosceva, notò un leggero segno di irritazione sul viso della ragazza. "Ti tireremo fuori il segreto, puoi starne certo, Dick!"
"E tu saresti" disse pensieroso, "la dolce, piccola Sally Amber, che aveva detto di amarmi".
All'improvviso, il volto della giovane si distese e si addolcì. "E se ti amassi?" sussurrò. "Questo farebbe qualche differenza per te, Dick?"
L'uomo rise con amarezza. "Pensi forse che ti creda? So tutto della principessa Stephanie e del suo addestramento. Ammesso che tu ami qualcuno, questo è solo il Khan!"
"Non il Khan, ma l'Asia" rispose la donna. "Lui non conta nulla per me, se non per il valore che ha per la mia nazione. E' stato proprio lui, Dick, a istruirmi fin da piccola per diventare immune all'amore. Eppure... eppure, Dick, non ho mai incontrato nessun uomo che mi sia... piaciuto... come mi piaci tu. Hai meno valore dell'Asia, certo, ma più di qualsiasi altro uomo al mondo".
"Ecco un'altra delle tue bellissime bugie" asserì pieno di dolore.
Per un lungo istante, Sally rimase in silenzio, poi infine rispose: "No, non è una bugia", per poi alzarsi e tornare al suo posto accanto al pilota.

Non rivolse più alcuna parola a Lister per le successive sette ore, fin quando si trovarono a passare sopra Honshu e il Fujiyama coperto di neve. Allora, tornò a sedersi sul sedile di fronte al tenente con un sorriso molto gentile, e disse dolcemente. "Sono realmente molto dispiaciuta per questa situazione, Dick".
"Quando invece dovresti essere trionfante" replicò l'uomo acido.
"Ma non lo sono. Ascoltami, Dick. Il servizio segreto del Khan non è molto gentile con i prigionieri. Gran parte degli agenti sono mongoli e la cortesia non rientra fra i loro metodi per ottenere informazioni. Pensare che tu possa essere sottoposto a torture mi fa star male, Dick".
"Avresti dovuto pensarci la sera scorsa".
"Ma posso evitartelo. Se mi dici quello che voglio sapere riguardo a questa epidemia di alghe e licheni, ti prometto un salvacondotto. Non è forse questa la soluzione migliore per entrambi?"
"No, Sally. Non ammetto di avere le informazioni che vuoi, ma puoi star certa che, le abbia o meno, non dirò mai nulla che possa aiutare l'Asia".
Con un sospiro la ragazza si allontanò e i suoi splendidi occhi lasciarono trapelare una traccia di preoccupazione, ancora presente quando sull'orizzonte spuntò la catena dei Khingan e l'aereo scese per atterrare ad Harbin. Sembrò perfino impallidire quando infine una guardia dagli occhi a mandorla prese la chiave e liberò Lister dal sedile. Continuò a seguire con lo sguardo quella cupa parata, mentre una mezza dozzina di uomini scortava Lister nella secolare fortezza di pietra che serviva da prigione militare.
Sally non entrò nella cella dalle pareti di pietra, ma non appena la porta si chiuse, Dick ne colse il pallore mentre era ferma in corridoio. Le labbra della ragazza formarono una frase silenziosa e il tenente avrebbe potuto giurare che fosse "Mi dispiace".
Beh, era senza dubbio troppo tardi adesso perché quella tristezza potesse aiutarlo, anche se adesso era convinto della sua sincerità. Sorrise amaro nel pensare al clamoroso sbaglio che aveva portato alla sua cattura: le alghe e i licheni. L'Asia era strangolata nella morsa di un'epidemia nata da una causa così semplice, che avrebbe potuto porvi rimedio anche un bambino della scuola media.
Fortunatamente per l'America, le crittogame crescevano più abbondanti in Asia e, finché non avesse parlato, il vantaggio sarebbe stato tutto dalla parte del continente occidentale. Finché non avesse parlato! Smise di sorridere e serrò la mascella. Non avrebbe parlato; tortura o meno, doveva essere abbastanza forte da mantenere il silenzio.
Passarono le ore e il tenente udì conversazioni nel corridoio adiacente, ma effettuate in una qualche lingua asiatica, di cui non afferrava assolutamente il senso. Poi, un passaggio casuale nella lingua franca gli fece sapere che il Khan non si trovava ad Harbin, ma era ancora al fronte, con le truppe in Alaska. Alla fine, una guardia gli portò una brocca d'acqua, pullulante di alghe verdi, e un tocco di pane secco. L'uomo però, un mongolo, non parlava né l'inglese né la lingua franca, o almeno si rifiutò di farlo.
Era ormai notte fonda quando quattro orientali dall'aspetto tetro e un imperturbabile siberiano lo condussero dalla cella fino a una camera che sembrava affondare nel sottosuolo. Era illuminata da un'unica debole lampadina, mentre una decina di paia di occhi gelidi lo sondavano – ma un paio non erano così. Sally Amber sedeva a capo del tavolo lungo e stretto, e incontrò lo sguardo di Lister con occhi grandi, preoccupati e ansiosi.
Fu lei a rivolgersi a lui: "Dick" esordì dolcemente, "Ho detto a questo comitato interlocutorio che avresti rivelato tutto quello che sai sull'epidemia di alghe e muschi. Mi hanno promesso la tua salvaguardia, nel caso tu parli, e ho assicurato il compagno Plotkin che tu lo farai".
"Un'altra menzogna, come al solito" replicò cupo Lister.
Fu Plotkin a intervenire con la voce che giungeva dal profondo della barba. "Vedi, Kazarovna" brontolò, "con queste ostinate scimmie americane funziona un solo metodo. Credo sia meglio usarlo".
"Oh, no!" esclamò spaventata Sally. "Consentimi di interrogarlo, prima. Con me parlerà. Posso sapere quel che ci serve. Ti prego..." Si interruppe d'improvviso mentre gli occhi gelidi di Plotkin sembravano esplorarla incuriositi.
"Parlerà?" chiese a Lister, poi visto l'ostinato silenzio dell'interrogato, aggiunse, "Molto bene. Penso che partiremo con le pinze per ascelle. Qualche etto di carne strappata dai luoghi opportuni spesso consente la fuoriuscita di un profluvio di informazioni".

Sally – o Stephanie – soffocò un singhiozzo e si coprì gli occhi. Le quattro guardie mongole costrinsero Lister a sollevare un braccio; per un momento l'uomo provò a lottare, ma capì subito come ogni resistenza fosse del tutto inutile. Il flemmatico siberiano afferrò un piccolo strumento luccicante e le pinze strapparono un brandello di carne da sotto l'ascella. Il tenente si morse ferocemente le labbra per sopprimere il ruggito di dolore che cercava di uscire, ma non si sentì alcun suono nella camera, se non il soffuso singhiozzare della ragazza.
"Come mai sei così colpita, Kazarovna?" domandò amabilmente il siberiano. "Certo la principessa Stephanie deve aver assistito a metodi di tortura molto più estremi di questo".
La ragazza sorrise debolmente. "Certo, è solo che non mi sono ancora ripresa dal soggiorno americano... che posto orribile!"
Plotkin annuì e rivolse nuovamente l'attenzione al prigioniero. "Vogliamo provare di nuovo?" sorrise. "O preferisce una qualche variazione?"
"No di certo" rispose il biologo, "parlerò". Senza batter ciglio incontrò gli occhi prima sorpresi, poi sollevati e comunque increduli della ragazza. Se recitava, pensò, era realmente molto brava.
"Bene... benissimo!" brontolò il siberiano. "Si sta dimostrando molto più saggio, o comunque meno ostinato, di gran parte dei suoi conterranei che ci è capitato di dover interrogare. Bene, dunque. Ascoltiamo il segreto".
"E' meglio che prenda nota con attenzione" consigliò Lister. "E' piuttosto complicato".
Attese, mentre Plotkin parlava in russo con l'uomo al suo fianco, poi cominciò:"L'epidemia di alghe e licheni" disse lentamente, "è dovuta all'enorme incremento di tallogeni. Se riuscite a controllare le confervae, il problema sparirà".
"E cosa sono i tallogeni?" abbaiò Plotkin.
"Sono la terza grande suddivisione delle crittogame. Il gruppo contiene, oltre alle confervae, anche ulvae e fuci".
"Non può spiegarlo in un linguaggio comprensibile?" sbottò il russo.
"Posso esprimere informazioni scientifiche solo con il linguaggio della scienza" replicò il biologo, mentre i suoi occhi non si staccavano da quelli, affascinati, della ragazza. "Dovranno essere i suoi scienziati a tradurglielo".
"Tutto qui?" chiese bramoso il siberiano.
"Tutto qui. Riducete le confervae e ci saranno meno tallogeni. Quando questi saranno diminuiti, alghe e licheni cesseranno di essere un problema. In realtà, è molto semplice".
"Riportatelo in cella" brontolò Plotkin. "E' meglio che quello che ha detto sia vero, amico, a meno che non voglia assaggiare un'altra porzione del trattamento".
"Ogni parola che ho pronunciato è vera" asserì convinto l'americano.

Era ancora notte fonda, tre ore dopo, quando la porta della cella si aprì e rapida e furtiva entrò una figura magra e sottile. Per un attimo, Lister pensò fosse un ragazzo, poi riconobbe Sally con indosso la camicia e i pantaloncini di un pilota di elicottero. Si chiuse silenziosamente la porta alle spalle e si gettò di corsa fra le sue braccia.
"Non lo sopporto" singhiozzò. "Perché lo hai fatto? Plotkin è furioso, pazzo di rabbia. Ti scioglierà nell'acido un pezzo alla volta! Lui... Lui... Perché lo hai preso in giro, Dick?"
Lister osservò il viso pallido della giovane donna. "Anche questa è una recita?" chiese freddamente. "Dopo tutto, la principessa Stephanie, Nightshade, non dovrebbe certo interessarsi a quale sia il destino di un uomo".
"Invece sì! Ti amo, Dick. Non mi importa di niente altro se non di te e dell'Asia, ma non posso permettere che tu venga torturato e ucciso, neppure per il bene del mio Paese". Si fermò, sopprimendo i singhiozzi.
"Plotkin è un maniaco" proseguì. "Ha mandato una copia della tua dichiarazione all'università di Tsitsihar e ha ricevuto la sprezzante risposta che le tue parole significano che l'epidemia di alghe è dovuta a un incremento delle alghe".
L'uomo sorrise: "Allora? Non è forse vero?"
"Sì, ma... Oh Dick, sta diventando terribile! Hanno mantenuto il rifornimento d'acqua alle città aggiungendo cloruro di calcio alle scorte idriche, ma in tutto il paese, in tutto il mondo credo, i pozzi sono soffocati e i fiumi oppressi dalla vegetazione, e gli oceani stanno diventando delle pesanti masse di fanghiglia. Per non dire poi di come in terra le muffe si espandano come fiamme di fuoco grigiastro!"
Era ancora sospettoso, per quanto stringesse saldamente a sé la giovane. "Stai tentando di commuovermi?" chiese. "Ti avviso, Sally, non ti dirò nulla".
"Non mi interessa che tu lo faccia o meno! Non capisci, Dick! Ti amo!"
"Se mi ami, allora aiutami ad andarmene da qui".
Sally si liberò dalla stretta con una spinta e lo fissò indignata per la sua sfiducia. "E perché altro pensi che sia venuta?" domandò a voce molto bassa. "Seguimi, svelto, prima che Plotkin si sia calmato abbastanza da concentrare la mente sui particolari della tua tortura".
La ragazza si avvicinò alla porta e bussò più volte. Si aprì subito e scivolarono lungo il corridoio fiocamente illuminato, accanto a una giovane guardia russa, che guardò Sally con occhi rapiti. La donna gli rivolse poche parole e l'uomo distese il braccio nudo; Sally lo graffiò rapida con una delle sue unghie. Lister vide l'uomo sprofondare lentamente in un ammasso inerte sul pavimento.
"Così sembrerà un trucco americano" spiegò con un sussurro la giovane donna, "ma temo che sarà comunque messo al muro come traditore".
"Perché lo ha fatto?"
"Perché mi ama" fu la semplice risposta.

Lister la seguì su per una stretta scalinata in pietra, chiedendosi quante porte sbarrate in quel corridoio nascondessero prigionieri americani. Alla fine, la ragazza si fermò. “Aspetta qui” sussurrò e sparì dietro un passaggio nascosto.
Udì una conversazione a bassa voce in cinese, poi Sally fu di nuovo al suo fianco. “Vieni” lo invitò a bassa voce. “L'ho mandato da Plotkin con un finto messaggio”.
Lister la seguì su per un'altra scala, al termine della quale emersero improvvisamente alla luce delle stelle. Erano arrivati sul tetto della struttura e l'americano guardò con apprensione Harbin e le sue luci notturne. Sally correva verso un piccolo elicottero da ricognizione, con spazio per il solo pilota.
“Svelto!” esclamò, “Dentro”.
“Tutti e due?” Il tenente aggrottò la fronte davanti a quel minuscolo velivolo.
“Sì, perché devo mostrarti cosa fare. Questo da solo non ti porterebbe certo molto lontano”.
Si strinse accanto a lei. La minuscola cabina oscillò come un pendolo, mentre il rotore principale fischiava e strideva, per poi farsi faticosamente strada verso l'alto. Sally azionò la propria luce lasciapassare verde, in ansiosa attesa di una risposta dal controllo a terra.
“Ecco!” indicò sollevata. “Hanno aperto una sezione del campo Beckerley. Ho un permesso di transito, ma se avessero scoperto la tua fuga, avrebbero potuto ostruire ogni passaggio; specialmente il mio, a pensarci bene; sono certa, infatti, che Plotkin non si fida più di me”.
Il velivolo si mosse nella notte con un suono lamentoso; le luci della città si fecero più rade e meno intense; alla fine la ragazza si rilassò, rilassandosi  accanto al compagno negli spazi stretti della cabina.
“Siamo passati oltre i fari di segnalazione” comunicò. “Adesso dovranno aspettare l'alba prima di inseguirci, e per allora potremmo essere in qualsiasi punto di questa metà dell'Asia, per quanto possono sapere. Se questo cavatappi reggesse ancora un po'...”
Lo fece e quando il sorgere del sole mandò bagliori rosati sopra il mare, erano proprio su di uno stretto promontorio che si allungava nell'acqua in direzione sud. Lister spalancò la bocca nel vedere il mare, perché senza dubbio era il più straordinario mai visto da occhio umano, o almeno da quando i plesiosauri avevano allungato il collo sopra gli oceani dell'era carbonifera, milioni di anni prima.
Era una luccicante distesa verde, che a prima vista sembrava immobile come il terreno solido; quando però il velivolo scese verso la spiaggia, Lister ne riconobbe un movimento, quello del lento sollevarsi e abbassarsi della fanghiglia, come se la distesa provasse a respirare. Non c'erano onde, perché le alghe avevano domato venti e tempeste, e il mare consentiva alla brezza di scivolare sopra le acque, come se fossero coperte da una pellicola oleosa. Il fatto che provocò un tremito disgustato al biologo fu la vista degli uccelli che si muovevano sparsi sopra la superficie fangosa ormai secca abbastanza da sostenerne il peso, e beccavano milioni di mosche.

Sally non sprecò tempo nel guardare il paesaggio. “E' la punta meridionale di Taiwan” disse, quando l'elicottero stava raggiungendo la spiaggia fangosa, “o come tu sei solito chiamarla, Formosa. Qui c'è una barca...”
“Una barca? E come potremo usarla in quella... quella cosa?”
“Stammi a sentire un momento. Quel capannone contiene un battello a ruota, un esperimento, un veloce adattamento operato dai nostri scienziati, che avevano previsto l'evolvere della situazione, se non fossimo stati in gradi di arrestare la crescita delle alghe. Questo tipo di marchingegno è in grado di far muovere uno scafo leggero proprio sopra le alghe. Non si ingolfano come dei normali motori. Ha un motore alla dinolina e una portata di oltre mille e cinquecento chilometri”.
“Mille e cinquecento chilometri! Non posso andare dove voglio con quella?”
“Puoi arrivare dove voglio che tu arrivi” ribatté la ragazza stringendo gli occhi. “Puoi raggiungere Hong Kong, che è inglese, oppure Haiphong, nell'Indocina Francese. Hong Kong è parecchio più vicina, però”.
“Ma si tratta di paesi neutrali! Sarei internato, se raggiungessi un porto neutrale. Invece voglio tornare al mio lavoro in America”.
“Io invece” replicò dolcemente Sally, “voglio impedire che tu possa farlo. Ho già tradito abbastanza la mia patria, senza permettere a un nemico pericoloso come te di tornare in servizio. Voglio solo vederti in salvo, Dick”.
Volse le spalle e lui la seguì fino al capannone che aveva indicato. Là c'era la barca, un battello di dieci metri, con delle ruote dotate di pale di quasi due metri di lunghezza, una versione in miniatura di un vecchio battello a vapore del Mississippi.
"Lo vedi?" chiese la ragazza, indicando uno strano marchingegno formato da tubi in vetro ricurvi. "E' un distillatore solare. Ci metti dentro dell'acqua di mare e l'evaporazione produce un vuoto parziale che consente di distillare acqua da bere. E' prodotta dal sole, proprio come la pioggia.
All'interno dello scafo vi sono provviste di cibo per circa un mese. Sei in grado di occuparti del motore? Se rimane ingolfato dalle alghe, devi fermarti e ripulirlo subito".
"Lo so, lo so, Sally, ma tu che farai? Sarai al sicuro dopo quanto accaduto?"
"Posso badare a me stessa" Il tono era perfino spavaldo, ma Lister capiva che dentro di lei c'era una lotta fortissima fra il senso del dovere e la passione amorosa. "Oh Dick" disse tremando, "se questa guerra mai finirà..."
"Non durerà ancora a lungo. Non appena i rifornimenti di carburante per l'Alaska smetteranno di arrivare, il Khan sarà costretto alla resa".
"Ah, ma lui sta per finire di inst..." Si fermò appena in tempo, terribilmente rossa in volto.
"Installare un oleodotto, vero?" completò la frase per lei il tenente. "Ero convinto che lo avrebbe fatto, prima o poi. In questo modo potrà rifornire di petrolio i campi Beckerley, vero?"
Sally rise amaramente. "La fine di Nightshade!" esclamò. "Non mi meraviglio che tutti temano una spia innamorata. Dick, è il primo sbaglio che abbia mai commesso, e l'unica consolazione è che prima che tu possa raggiungere un qualsiasi luogo in grado di trasmettere la notizia in America, sarà troppo tardi. Quindi... addio".
Con la sensazione delle sue labbra che continuava a inebriarlo, Lister guardò l'elicottero sparire verso nord; poi spostò l'attenzione sul battello che doveva usare, il cui nome era scritto in ideogrammi cinesi. Scivolò facilmente a bordo e senza ulteriori esitazioni accese il motore, azionò le pale e si mise in marcia.
Il suo avanzamento fu molto particolare. Le pale sollevavano enormi quantità di fanghiglia, che ricadevano dietro con dei tonfi sordi e privi di schizzi; il battello, spinto in avanti dall'incredibile potenza dei motori a dinolina, scivolò facilmente lungo quella superficie fangosa infestata da insetti. Non era neppure particolarmene lento: Lister calcolò di procedere a un'andatura di almeno venticinque nodi.
Formosa era ormai solo la parvenza di un'ombra lontana, quando passò al fianco della prima nave bloccata in mare. Era una fregata olandese e l'equipaggio – o quel che ne restava, visto che in gran parte doveva essersi messo in salvo con un elicottero – si assiepò lungo la balaustra per vederlo passare. Salutò, ma non ottenne alcun segno di risposta.
D'improvviso capì il motivo di quel cupo silenzio: il suo vascello portava le insegne oro e porpora del Khan, e l'Olanda, inserita nell'ombra estesa dell'Unione Asiatica come Borneo, Celebes e la Nuova Guinea non amava certo il sovrano.
La bobina si intasò e Lister si fermò per ripulirla dalle alghe. Ecco l'idea: si alzò in piedi e guardò lontano verso oriente, dove il mar della Cina incontra il possente Pacifico. Perché mai avrebbe dovuto andare a Hong Kong, Haiphong o un qualsiasi altro porto neutrale?
Che altre opzioni aveva? Osservò rapidamente la mappa delle Indie Orientali, fissata sopra il vano motore. C'era Luzon, certo, ma le Filippine, durante gli ultimi cinquant'anni di Indipendenza, si erano avvicinate parecchio all'Asia e non nutrivano particolari simpatie per gli Stati Uniti.
C'erano le Marianne, dove l'ammiraglio Allen aveva annichilito la flotta asiatica, e dove doveva sicuramente trovarsi una guarnigione americana, se avesse potuto raggiungerla. Ma distavano oltre tremila chilometri nel Pacifico, vicino a Guam. Aveva carburante per meno della metà di quella distanza, ma...
Girò il vascello e lo mise sulla scia del cargo olandese. L'equipaggio a bordo lo guardò avvicinarsi cupamente, ma lui si accostò alla chiglia e gridò: "Qualcuno di voi capisce l'inglese?"
Un uomo si sporse dalla ringhiera. "Sì! Cosa vuole?"
"Ascolti! Sono americano, non asiatico. Guardate!"
Non aveva uniforme, visto che i biologi non ne avevano bisogno, ma mostrò la targhetta identificativa, con lo scudo bianco, rosso e azzurro chiaramente in vista.
Ne nacque un fitto conciliabolo. "Cosa vuole?" chiese lo stesso uomo di prima, ma con tono più amichevole.
"Solo qualche informazione. Voglio sapere se c'è una nave inglese o americana bloccata fra qui e Guam. Vorrei comprare del carburante. Siete in contatto con qualcuna?"
Seguì una lunga conversazione in olandese fra i membri dell'equipaggio, alla fine, il tramite con Lister parlò nuovamente: "C'è la Resolute, inglese, ferma fra latitudine 21'20" e longitudine 135'60"."
Il tenente osservò la mappa e segnò la posizione. Sarebbe andata benissimo: si trovava proprio mille e seicento chilometri a est della sua attuale posizione, e certo avrebbe corso un azzardo con il carburante a disposizione, ma ne valeva la pena. Se avesse raggiunto la nave inglese e ottenuto il rifornimento di carburante, allora sarebbe sicuramente arrivato fino a Guam o alle Marianne, per dare la notizia agli americani del lichene che aveva bloccato le ferrovie siberiane, tagliando di fatto la linea dei rifornimenti di combustibile per i campi Beckerley dell'Alaska, ma che il Khan si stava affrettando a costruire un oleodotto per superare il problema.
Prima dell'abbandono del rifornimento di carbone e l'arrivo dei primi a petrolio, forse ci sarebbe stato un breve gap temporale, durante il quale i campi di forza nemici sarebbero rimasti spenti. Se l'America l'avesse saputo e colpito proprio in quel momento, la guerra sarebbe stata vinta. Lister doveva portare in tempo la notizia al proprio Paese!
Quindi spinse subito la nave in direzione est. Pian piano la nave olandese svanì in distanza e Formosa diventò una nube scura sempre più piccola e lontana. Alla fine si trovò solò in quella immensa distesa di mare verde e morto, a stento in grado di muoversi, tanto che il passaggio del battello non lasciava scia, se non una specie di ferita di un verde più scuro, che subito si richiudeva alle sue spalle. Non c'erano pinne a tagliare la superficie fangosa, e pochissimi uccelli volavano, visto che la loro preda cresciuta ad alghe era troppo abbondante per chiamarli lontano della terraferma.
Per conservare il carburante, fu molto preciso nel tracciare la sua rotta arcuata. Il fango maleodorante gli dava la nausea, cui si aggiungeva il perenne procedere dondolante del vascello. Il giorno si dissolse in una notte piena di stelle, per poi tornare a far giorno.
Riuscì nell'impresa. La mezzanotte del secondo giorno, con meno di un bicchiere di dinolina nel serbatoio, vide nell'oscurità le luci della Resolute.
Convincere il capitano, però, si dimostrò un'impresa più difficile della traversata.
"E' molto, molto irregolare!" brontolò l'ufficiale. "Siamo neutrali". Alla fine, comunque, visto che l'Inghilterra controllava l'India, gli stati della Malacca e Papua, e odiava l'Asia in ogni sua forma, vuoi per tradizione, vuoi per scelte politiche, il comandante inglese addivenne a più miti consigli e Lister fu in grado di riprendere il cammino con il serbatoio pieno.
Aveva provato a far trasmettere al comandante della nave un messaggio in codice via radio agli Americani, ma su questo punto l'uomo si dimostrò irremovibile.

IV
Il mattino seguente poco dopo l'alba, alzando lo sguardo dietro di lui scorse un velivolo, che si muoveva agile fra le ombre che ancora oscuravano l'occidente e il lontano mar della Cina. Presto, l'aereo fu sopra di lui e si mise a ruotare in cerchio, prima di gettarsi in picchiata con un'ampia spirala. L'aquila dorata a due teste, emblema delle forze aereee del Khan, luccicava sopra le ali.
Il velivolo si raddrizzò molto vicino e un braccio si mosse con forza, indicando l'ovest. Il pilota lo stava richiamando indietro.
Lister fissò l'aereo con occhi stretti a fessura, ma continuò a indirizzare la rotta verso l'obbiettivo previsto. Non l'avrebbero convinto tanto facilmente a tornare indietro. Era però in profondo disagio, visto che si trovava completamente alla mercé del pilota asiatico, nel caso volesse prima o dopo usare un proiettile o una bomba.
L'aereo tornò verso di lui nel corso della sua traiettoria curvilinea e all'improvviso, con grossa meraviglia, l'americano si accorse che stava provando ad atterrare su quella collosa massa di fango oscillante. Era impossibile!
Ma l'aereo sembrò capace di riuscirvi, visto che i galleggianti saltellarono leggermente sopra quella superficie insidiosa, rimbalzando verso di lui. Era praticamente ammarato, quando successe l'inevitabile. O l'aereo iniziò ad affondare, oppure il mare crebbe, Lister non fu in grado di capirlo, ma il muso dal motore spento sbatté contro la massa di fango verde. Con molta dolcezza, il velivolo sollevò la coda e iniziò ad affondare di muso, con le eliche che spargevano attorno robaccia verde. Il pilota – e Lister riuscì per un secondo a vederlo benissimo mentre la sua sagoma veniva catapultata in aria – finì dentro quelle alghe impassibili. Rimase solo un buco che si riempì subito di alghe e l'aereo che stava affondando.
Ma il biologo aveva visto abbastanza: era Sally Amber! Era proprio lei che lottava da qualche parte nella profondità di quel mare nauseabondo. Ma lui era del tutto impossibilitato ad aiutarla, come se si trovasse a mille chilometri di distanza.
Girò il timone e il battello sobbalzò e si fece strada verso il punto dell'affondamento. Si avvicinò il più possibile senza disturbare quell'increspatura della superficie che si stava rapidamente chiudendo e fermò lo scafo. Afferrò la corda da dieci metri che era fissata alla prora e legò l'altra estremità con forza al suo braccio. Poi, dopo aver fissato il punto esatto dell'inabissamento della ragazza, si tuffò nel fango.
Fu come nuotare in mezzo al petrolio. Anche solo muovere le braccia richiedeva uno sforzo titanico, e non riusciva a capire se scendesse, salisse, si spostasse lateralmente o semplicemente facesse ribollire l'acqua restando nella medesima posizione. Quella mucillaggine gli riempì il naso, gli occhi, le orecchie, perfino la bocca, quando in un momento di distrazione l'aveva aperta.
Poi la mano colpì qualcosa di solido e gli bastò un attimo per capire che si trattava della caviglia di Sally. La strinse forte con disperazione e diede uno strattone alla corda legata al braccio. Tirarsi su lungo la corda fu difficile, visto che aveva solo una mano a disposizione. Una volta perse la presa sulla corda, a causa del fango, e fu costretto a iniziare tutto da capo, ripartendo dal punto dove la fune era legata al braccio.
Fu a malapena in grado di capire quando raggiunse la superficie, per la quantità di fango che ormai lo ricopriva completamente. Spinse la ragazza oltre la balaustra e poi si fermò per ripulirsi il naso e la bocca e riprendere a respirare. Salì barcollando sulla barca.
Sally non era svenuta, ma era praticamente verde come le alghe che si stava strappando dagli occhi.
"Grazie Dick" disse, "per avermi salvato. Mi vergogno di averne avuto bisogno".
"Perché sei qui?"
Gli occhi della giovane divennero più duri. "Perché sei qui tu, Dick? Ti avevo detto di dirigerti verso Hong Kong o Haiphong".
"Non ti ho fatto nessuna promessa a riguardo, Sally".
"Forse, ma credi che ti possa lasciar andare verso una nave o un porto americano, con le informazioni di cui sei in possesso? E' già abbastanza brutto che me le sia lasciate sfuggire e che ti abbia aiutato a scappare, ma non tradirò l'Asia più di quanto non abbia già fatto, capisci?"
"Come mi hai trovato?
"Subito dopo averti lasciato, mi è sovvenuto che avresti potuto tentare un'impresa del genere. Sono tornata ad Harbin prima che Plotkin mi collegasse alla tua fuga – ammesso che non lo abbia già fatto – così ho potuto prendere un aereo. Ho sorvolato il mare cinese fra Taiwan e Hong Kong, per assicurarmi che non fossi lungo quella rotta, poi mi sono diretta a est.
"Per due giorni ho scandagliato l'area; sai, ho previsto che avresti scelto Guam come destinazione finale. Ma ora, Dick, andrai dove voglio io. Torneremo a Luzon. Le Filippine sono neutrali, ma simpatizzano per l'Asia; così potrò farti internare e con un po' di influenza, liberarmi e tornare a casa. Parti".
Lister obbedì e il vascello riprese la sua rotta verso est.
"Vira!" esclamò la ragazza infuriata. Al sorriso beffardo del compagno, rispose infilando la mano nel petto del suo giaccone da aviatore ed estrasse una piccola automatica giapponese, una calibro nove, piccola ma letale grazie ai suoi proiettili ad alta velocità ricoperti di cromo. "Cambia rotta, Dick!"
Con un movimento tanto imprevisto da sorprenderla completamente, l'uomo scalciò via la pistola dalla mano della ragazza; l'arma ruotò più volte prima di finire con un tonfo dentro il fango. "Andiamo dove voglio io, Sally" le disse calmo.
Sally iniziò a singhiozzare: "Avrei dovuto ucciderti! Ma non ci sono riuscita, ed ecco il risultato".
D'un tratto spalancò gli splendidi occhi scuri in direzione del compagno: "Dick, sai cosa mi accadrà se mi porterai a Guam? Sai cosa fanno alle spie? Vuoi che mi mettano con la schiena contro un muro?"
"Dio!" borbottò l'uomo. "Non ci avevo pensato. Ascolta, Sally. Le isole Peleu sono giapponesi e non distano molto dalla mia rotta. Ti farò arrivare là verso mezzanotte, ben legata e imbavagliata, in modo che tu non possa dare l'allarme. A guerra finita, mi auguro tu possa perdonarmi".
"Ti perdono subito Dick" disse, dolcemente, ma con una strana nota intrigante nel tono della voce. "Nightshade è morta. Non sono una buona spia, quando ci sei tu di mezzo. Ma ti avverto che proverò ancora a sconfiggerti".
L'uomo indirizzò la barca verso la nuova rotta. "Provaci pure, Sally".

All'improvviso si accorse di qualcosa che cambiò completamente le carte in tavola! Fissando in lontananza quell'orribile mare fangoso, si accorse di un cambiamento: oltre al verde, adesso si vedevano vaste chiazze marroni... erano alghe morenti!
Per un secondo non riuscì a comprenderne il significato, poi, tanto all'improvviso da far sobbalzare la compagna, gridò: "Capisco tutto adesso! E' successo!"
"Co...Cosa?"
"I campi Beckerley del Khan in Alaska si sono spenti! Le ferrovie siberiane sono state finalmente bloccate dalle muffe! Non ha più combustibile! Non possono essere i nostri campi a essersi spenti, perché le nostre miniere di carbone sono troppo vicine alle linee per poter essere tagliati fuori in questo modo".
"Come sai che i campi Beckerley sono spenti?" chiese Sally.
"Il... il..." si riprese e proseguì. "Non andremo alle Peleu, in fondo. Andremo a Guam. Questa notizia non può aspettare; non appena la notizia arriverà alle truppe americane, la guerra sarà finita. I nostri campi funzionano ancora, i vostri no".
"Come... come lo sai?"
"Te lo posso anche dire, tanto non potrai farci nulla. Volevi sapere cosa sapessi dell'epidemia, giusto? Beh, sto per dirtelo Sally. Non è un'arma americana: è stato un incidente".
"Un... incidente?"
"Esatto, o per meglio dire un effetto collaterale. E' il risultato dei campi di forza. Il dubbio mi era venuto dopo aver scoperto che il centro del problema sembrava trovarsi in Alaska. Lassù ci sono due enormi campi di forza a poche centinaia di metri l'uno dall'altro. Fra loro corre una linea di più di cento sessanta chilometri di terrificanti forze elettriche in competizione. Cosa ne deriva? Ozono! Tonnellate di ozono vengono riversate nell'atmosfera, tanto che l'intero involucro della Terra ne ha subito l'effetto.
"Lo strato consueto di ozono è aumentato di molto e ha tagliato fuori i raggi solari, che mantengono l'equilibrio nella natura. Sollevate dall'effetto di contenimento di questi raggi, le crittogame, licheni, muffe e alghe, sono proliferate in quantità anomala.
"Ma ora è finita: lo strato di ozono è particoalrmente instabile e torna rapidamente nei limiti naturali. E ora che diminuisce, i raggi solari, letali per quelle piante, stanno nuovamente attraversando l'atmosfera.
"Come faccio a saperlo? Le alghe muoiono e questo può indicare soltanto una cosa: che non ci sono più due campi Beckerley in competizione. Adesso ce ne è solo uno, il nostro. Lo scudo del Khan è sparito e non ci resta che attaccare!"
Sally era notevolmente impallidita. "Vorrei tu non me lo avessi detto" sussurrò. "Oh, Dick, non capisci che dovrò fermarti adesso? Se mi ami, buttami in mare, perché preferisco morire che passare le prossime ore a tentare di ucciderti!"
Il volto raggiante dell'uomo si fece serio. "Ore?" echeggiò. "Occorreranno tre giorni per arrivare a Guam. Sally, quando avrò bisogno di dormire, ti legherò ben bene. Spero tu non opponga resistenza, perché Dio sa quanto non intenda ferirti".
Ma la ragazza si comportò in modo molto remissivo quando lui, qualche ora più tardi, le passò una corda dietro polsi e caviglie. Ricordava benissimo il trucco dell'unghia drogata ed evitò con cautela di concederle un'altra opportunità a riguardo. Poi bloccò il timone e si rannicchiò sopra uno dei sedili per dormire.
Al risveglio, la barca procedeva docile lungo la fanghiglia. Sally era ancora legata strettamente e apparentemente nella medesima posizione, ma il fondo della barca era umido a causa di un qualche liquido incolore.
"Cos'è quello?" sbottò Lister.
"Il tuo carburante" rispose trionfante Sally. "Ho prosciugato il serbatoio".
Per un attimo l'uomo sussultò, ma subito scoppiò in una risata di sollievo. "Non è dinolina. E' solo l'acqua del distillatore solare che conservavo per le giornate nuvolose. Il serbatoio è sottovuoto e le alghe non possono entrarci".
Sally si lasciò cadere sulle ginocchia, sconfortata. "Vuoi slegarmi?" chiese cupa. "Ho i crampi".

Lister prese il rischio di dormire solo un'altra volta, e lo fece disteso lungo il serbatoio del carburante, dopo aver legato Sally, non solo mani e piedi, ma dopo averla fissata perfino al capo di banda. Nonostante questo al risveglio lei aveva distrutto con un calcio il distillatore solare.
“Perché lo hai fatto?” le domandò molto arrabbiato. “Anche se non abbiamo bisogno d'acqua per il giorno scarso di navigazione che ci resta, avrebbe potuto essere utile”.
“L'ho fatto perché, nel caso mancassimo Guam, saremo morti prima che un ricognitore americano possa trovarci”.
“Non mancheremo Guam” le promise acido.
Con il trascorrere della giornata, torrida e puzzolente, una pressione straziante cominciò ad aver la meglio su Lister. Intorno a loro, le alghe cominciavano a diventare marroni e il puzzo che ne derivava era assolutamente nauseante.
“Sto impazzendo” disse alla ragazza. “C'è uno stupido limerick che continua a rimbalzarmi nel cervello. Devo dirlo a qualcuno, o diventerò pazzo. Hai mai sentito la piccola, piccola storia della piccola alga? Immagino mi sia venuta in mente per questa marea di alghe in putrefazione”.
Sally gli rivolse uno sguardo da gatta inferocita, svegliata dal torpore dalla possibilità che il compagno potesse impazzire.
“Raccontamela pure” lo invitò infida.
Rise forte, quasi singhiozzando, scosse violentemente la testa e poi si passò il dorso della mano sopra gli occhi stanchi.
“Dice così: Un grande orso incontra una piccola alga, l'orso e l'alga, l'orso è panciuto, l'alga è corposa”
All'improvviso si lasciò andare a una grassa risata. “E' tutto sbagliato questa volta!” affermò. “Cielo! Stavolta l'orso non mangia l'alga, ma è l'alga che sta mangiando l'orso... quello siberiano. Lo faremo scappare con la coda fra le gambe, una volta giunti a Guam”.
“Non la raggiungeremo mai” lo schernì la compagna.
“Dici?” esclamò. “Guarda là!” A oriente, contro il cielo ormai imbrunito, si stagliava una bassa linea costiera. “Guam!” annunciò, con tono serio e nuovamente in possesso delle sue facoltà mentali.
Sally fu colta dalla disperazione. “Ho perso, allora” piagnucolò. “Per favore, Dick, vuoi essere così gentile da darmi un bacio prima che... che possa accadere qualcosa”.
Lister sapeva benissimo a cosa si riferisse la giovane donna. Si era domandato troppe volte cosa sarebbe avvenuto all'amabile Nightshade, perché, a dispetto delle sue rassicurazioni, sapeva che il capitano Cass conosceva la sua identità. I due giorni concessigli erano passati da tempo e Cass ormai aveva certo fatto rapporto sulla scomparsa di Lister.
La descrizione data dal capitano, unità alla foto sfocata nell'ufficio del biologo, sarebbe bastata senza ombra di dubbio a identificare la ragazza. Niente avrebbe potuto salvarla da una fucilazione l'alba successiva. Così la accolse fra le sue braccia con una tenerezza frutto della disperazione.
Capì le sue intenzioni giusto in tempo e le afferrò il braccio un attimo primo che l'unghia avvelenata del suo dito potesse raggiungerlo alla gola.
“Maledizione, Sally!” tuonò. “Adesso sarai tu ad assaggiare una dosa della tua stessa medicina. C'è solo un modo in cui eviterai di procurarmi guai...”.
Ma la donna intuì il proposito del compagno e prima che lui potesse afferrarle il dito, lo chiuse in un piccolo pugno ostinato, e gli si oppose con forza straordinaria. Alla fine, però, il biologo trovò il modo di vincerla: resistendo a tutti gli schiaffi che la ragazza gli sferrava con l'altra mano, piano piano, con forza e risolutezza, riuscì ad aprirle la mano. Sally pianse di dolore quando infine riuscì a conficcarle l'unghia nel palmo, poi gli occhi si spalancarono, fluttuarono e si chiusero; la giovane cadde in ginocchio e poi si accasciò ai suoi piedi.

Era ormai notte fonda quando la trasportò sull'incrociatore Dallas, rimasto in stallo a causa delle alghe subito fuori da Agana. Affidatala alle braccia del medico di bordo, corse a fare rapporto dal comandante in capo: disse che sapeva, grazie all'imbrunimento delle alghe, che il campo Beckerley del Khan in Alaska si era disattivato. Non ci fu neppure bisogno di cifrare il messaggio, visto che l'America deteneva ancora il segreto della trasmissione radio non intercettabile.
Meno di un'ora dopo arrivò la notizia che l'America aveva trionfato in Alaska; più tardi, durante la notte, giunse la notizia della morte del Khan, il cui cadavere era stato identificato con successo. La notizia fece il giro del mondo.
Già nel primo mattino, l'Asia fu scossa da rivolte e ribellioni, segno che l'Unione Asiatica si stava disintegrando. Era l'inizio della fine.
A bordo del Dallas si festeggiava felici la vittoria, ma Dick Lister non riusciva a esserne partecipe. Certo, aveva salvato l'America ed era diventato un grande eroe per la nazione, tanto che il presidente in persona gli aveva espresso il suo ringraziamento via radio.
Doveva fingere euforia, di partecipare con gioia alla festa. Ma due volti lo tormentavano attraverso quella baldoria: le esotiche caratteristiche orientali della ragazza che amava, e i lineamenti arcigni e inesorabili del capitano Cass. A dispetto del fatto che la guerra era ormai finita e vinta, a prescindere dal ruolo che Lister aveva esercitato in quella vittoria, Cass non si sarebbe mai permesso un istante di riposo, prima di aver messo a morte la spia regina del vecchio avversario.
Così, non appena fu in grado di farlo, il tenente si allontanò dai festeggiamenti e trascinò le gambe, pesanti come il piombo, fino all'ospedale della nave. Rimase qui con il dottore di bordo a guardare Sally, ancora priva di sensi.
"Bellissima ragazza la sua fidanzata" disse il dottore.
"Sì. Siamo stati rapiti insieme dalle spie del Khan, e lei è stata certo molto più brava di me nel permetterci la fuga. Le sue condizioni attuali sono dovute all'esaurimento fisico e, ovviamente, alla gioia". Sapeva benissimo però, che il capitano Cass avrebbe distrutto quel bel racconto.
"Beh" osservò il medico, "il vostro arrivo è stata realmente l'unica gioia derivata da questa guerra. Spero che lei sia nel giusto a ritenere risolto il problema delle alghe, perché restare fermi nel fango è quanto di più noioso esista sulla Terra. Ho visto soltanto un cadavere in questo periodo, e peraltro da molto lontano. Un giovane ufficiale ha provato ad atterrare con il suo aereo sopra la fanghiglia, una settimana fa, ma si è inabissato e non si è saputo più nulla di lui. Il corpo non è mai stato ritrovato".
"E' una cosa molto difficile ritrovare un cadavere in quella fanghiglia" riconobbe Lister, ricordando quello che avevano passato. "Si sa chi fosse?"
"Era... mi lasci ricordare... un certo capitano Jim Cass. Lo sappiamo visto che lo aspettavamo".
Il capitano Cass! Una settimana fa. Quindi Cass non era mai tornato in America. Era morto prima della fine dei due giorni che aveva concesso a Lister per risolvere la questione Sally/Nightshade. Quindi anche il fatto che conoscesse la vera identità della giovane donna era annegato con lui. Nessuno avrebbe mai potuto saperlo!
Con un sospiro di gioioso sollievo, Dick Lister cadde in ginocchio accanto alla ragazza che amava, ancora abbracciata dal sonno.

giovedì 3 ottobre 2013

Risorgimento con dadi e pedine

Continuando nel periodo di smaccata autopromozione (eh, ne dovrete subire parecchia in questo periodo!!), eccomi qui a parlare di due wargames a firma del sottoscritto, appena usciti per i tipi della Acies Edizioni, una piccola ma intraprendente casa editrice italiana, che ha raccolto tre miei giochi pubblicati anni or sono come DTP (ovvero come autoproduzioni in Desktop Publishing), dando loro una revisione grafica (in realtà nemmeno troppo necessaria, visto l'ottimo lavoro fatto a suo tempo dall'amico Luigi Caruso - ma si tratta di prodotti risalenti a più di dieci anni fa, quindi un leggero restyling era necessario) e un miglior sviluppo delle regole, rendendoli senza dubbio migliori di quanto non fossero.
I lettori di questo blog che mi conoscono da tempo, forse avranno visto due di questi titoli agli inizi del millennio a Stratagemma: si tratta di Obbedisco, la campagna di Bezzecca - risalente al 2001 - e Montebello, uscito due anni dopo. L'unica novità sarà quindi Pastrengo, realizzato dopo il 2007.
Gli amici della Acies hanno realizzato i tre giochi accorpandoli in due soli titoli: Obbedisco, appunto, e Caricat!, che unisce le due battaglie di Pastrengo e Montebello sotto il denominatore comune della carica di cavalleria (quella dei carabinieri nella prima, e quella dei lancieri - poi detti di Montebello - nella seconda). L'unico appunto che posso muovere ai ragazzi della Acies è di essere, dal punto di vista musicale, dei "false ones" e non aver riconosciuto nel titolo che avevo dato a Pastrengo (ovvero "Sound the charge, into glory ride" un chiaro riferimento metal - che ovviamente sapete tutti riconoscere, vero? Non lasciatemi dare anche a voi lo stesso appellativo che Joey De Maio ama conferire ai non "metallari"... Per aiutarvi eccovi l'intera strofa del mitico brano:

Gone are the days, when freedom shone - now blood and steel meet bone
In the light of the battle’s way, the sands of time will shake
How proud our soldiers stand, with mace and chain in hand
Sound of charge into glory ride, over the top of their vanquished pride

Insomma, per farla breve, lo hanno re-intitolato Ride into Glory, che fa molto Teddy Roosevelt e i suoi Roughriders (che non sono un gruppo rockabilly!!!).
A parte questo - che in fondo è una battuta - hanno realizzato davvero un ottimo prodotto, di cui mostro alcune immagini













Sperando di aver stuzzicato la curiosità dei non-wargamer tra voi (credo la maggioranza), vi rimando a un nuovo post immediato, ri-dedicato a Volo su Titano

Volo su Titano e altri racconti

Ebbene sì, finalmente posso svelare con dovizia di particolari, quello che su queste pagine era passato in sottofondo da mesi: il primo volume della collana Mellonta Tauta per la Fratini editore, un'antologia di racconti di Stanley Graham Weinbaum, di cui mi onoro di essere traduttore e co-curatore insieme agli amici Walter Catalano, Luca Ortino e Gian Filippo Pizzo.
Il volume sarà presentato in anteprima nazionale il prossimo 17 ottobre alle ore 18 presso Stratagemma (sarà un piacere intriso di nostalgia tornare nel luogo dove ho "vissuto" per quasi undici anni). Ecco la locandina:





Ed ecco una breve presentazione dell'autore e del volume



Se l'inizio degli anni Settanta del secolo scorso hanno rappresentato un momento di grave perdita per tutti gli appassionati di musica, per la scomparsa nel giro di un anno (1970-1971) di tre grandissimi miti del rock in senso lato (Joplin, Hendrix e Morrison), gli anni Trenta avevano rappresentato altrettanto con la scomparsa, nel giro di tre anni consecutivi (1935-1937) di tre pilastri della fantascienza (Weinbaum), del fantasy – e non solo – (Howard), e dell'horror (Lovecraft).
Due di questi – Howard e Lovecraft – anche per la loro importanza in ambito ludico (con i tantissimi giochi dedicati a Conan e al mondo di Cthulhu) saranno ben noti ai frequentatori di Stratagemma, molto meno forse lo sarà il terzo, Stanley Graham Weinbaum, l'autore oggetto della nostra presentazione.
Nato a Milwaukee (come Happy Days e la TSR), Weinbaum ha attraversato il mondo della fantascienza delle origini come una meteora, non per la scarsa qualità e l'effimero successo dei suoi scritti (anzi, il contrario), quanto per la brevità della sua vita letteraria, troncata a soli 33 anni da un mare incurabile. Nonostante questo, Weinbaum ha segnato un punto di svolta nella pur giovane fantascienza del periodo d'oro dei pulp ed è da considerarsi a tutti gli effetti un precursore di quella fantascienza più adulta, che pochi anni dopo la sua morte si sarebbe incarnata nella Astounding diretta da John Wood Campbell e che avrebbe dato voce alla fantascienza di Isaac Asimov, Robert Heinlein, Ray Bradbury e molti altri dei grandi autori degli anni Quaranta (prima della rivoluzione degli anni Cinquanta che avrebbe portato all ribalta altri grandissimi quali Dick, Sheckley, Silverberg, Anderson e compagnia).
Il presente volume raccoglie undici racconti di Weinbaum, la metà dei quali completamente inediti nel nostro Paese, gli altri non più in catalogo da almeno trent'anni, e qui riuniti per la prima volta in un solo volume. I racconti attraversano le varie voci della fantascienza del Nostro, da quella spaziale per cui è più noto, al thriller scientifico, alle mutazioni, alla distopia, alla scienza umoristica (il divertentissimo ciclo del professor Van Manderpotz), e propone anche un esempio di giallo rosa – genere che Weinbaum aveva tentato sotto pseudonimo anche in forma di romanzo, prima ancora di trovare la sua vera vocazione nella fantascienza, e nelle sue straordinarie, meravigliose e insolite creature aliene.
Curato dal sottoscritto, da Walter Catalano, Luca Ortino e Gian Filippo Pizzo, Volo su Titano è il primo volume di una collana – che speriamo possa vedere molti altri esempi in futuro – dedicata al recupero di tanti autori del periodo della narrativa pulp americana, ingiustamente negletti o trascurati nel nostro Paese e immeritatamente caduti nel dimenticatoio. Ci sono centinaia di gemme preziose custodite nel mare infinito della narrativa popolare d'Oltreoceano. Volo su Titano e il primo tentativo di scovarne alcune fra le più preziose. Sono certo che non resterete delusi.

Nei prossimi giorni, dal mio blog (oltre che da quello della casa editrice - www.fratinieditore.it), metterò a disposizione alcuni racconti di Weinbaum che alla fine non hanno trovato ospitalità (per vari motivi) nel volume. Spero che li gradirete e che li diffonderete come si deve. 
A presto, quindi con le altre novità (ci sono i wargames, anche!)

martedì 1 ottobre 2013

Nuovi Pilot: Agents of S.H.I.E.L.D. e White Queen

Era un po' che non ci sentivamo, vero? Al momento sono fermo con le correzioni di bozze per la Radioarchives, quindi la rubrica pulp latita, e solo da poco ho ripreso con le visioni telefilmiche (con la partenza delle nuove stagioni delle serie già note - avete visto Mycroft Holmes e l'ispettore Lestrade nella prima puntata della seconda serie di Elementary? Se non lo avete fatto, fatelo, perché vale la pena, non anticipo altro). Ecco quindi un breve post con le prime impressioni su di una serie nuova di pacca - la marveliana (?) Agents of S.H.I.E.L.D., per adesso un tentativo sub iudice di portare sul piccolo schermo un lato meno appariscente (e soprattutto meno costoso a livello di produzione) dell'universo di Stan Lee e compagni, e la prima puntata di una serie in "costume" (ma non da super-eroe) The White Queen, che ci trasporta nel periodo della "vera" Guerra delle Due Rose (non quella magicamente farlocca del Trono di Spade), con un discreto cast quasi  tutto "all-british" (la serie è una co-produzione fra la BBC e il network statunitense Starz - ed è qui la fregatura, che ne ha inficiato il successo dall'una e dall'altra parte dello Stagno - e le fastidiose Colonie, come direbbe Mycroft...), ma uno sviluppo complessivo inferiore alle attese (ne ho visto una sola puntata), certamente non paragonabile alla straordinaria resa "fantastica" del conflitto operata con il Trono di Spade. Ho guardato il pilot proprio per questo motivo - sapendo che si tratta della riduzione televisiva dell'omonimo romanzo di Philippa Gregory, autrice di romance storici, specializzata nel riproporre eventi più o meno noti del Medioevo e Primo Rinascimento (termine improprio, ma capirsi) britannico, visti dal punto di vista femminile - e francamente ne sono rimasto un po' deluso. Non ne consiglio la visione se non agli appassionati del genere, consapevoli che non vedranno neppure le battaglie del conflitto  (forse chissà nelle puntate successive, ma non credo - il budget impera anche oltre Manica) fra le casate Bianco Rosse (che non sono Gigli, ma Rose, e non c'entrano nulla con Firenze - ben più avanti dei bifolchi di Albione, all'epoca).
Tornando invece allo Scudo - che ritengo più interessante per i miei lettori - devo dire che la prima impressione è piuttosto deludente: quasi nulla di super-eroistico (il poco che si vede è molto inferiore ad Alphas - a proposito, chi ha visto lo spettacolare episodio di Big Bang Theory dove Sheldon Cooper si lamenta della prematura dipartita della serie, su uno dei più clamorosi cliffhanger della storia della televisione? Mitico!) e un tentativo di richiamare atmosfere da Agente Speciale (mi riferisco a The Avengers, il celeberrimo telefilm inglese anni Sessanta, con Steed e Peel, la conturbante Diana Rigg - poi rivista come nonna di casa Tyrell nel Trono di Spade... sono o non sono bravo a chiudere il cerchio?!?), che francamente mi ha stuccato dopo pochi minuti. Gli concederò una seconda occasione (ho insistito anche con Arrow, che dopo un po' mi aveva stancato, e in fondo mi sono ricreduto - almeno in parte - sul giudizio finale), ma con sospetto.
Aspettatevi parecchie novità sul blog nei prossimi giorni, perché è giunto il momento dell'auto-promozione smaccata, visto che in questi giorni escono due miei wargames e il primo libro di una collana di narrativa pulp di cui sono co-curatore e traduttore dei testi, la cui prima presentazione dovrebbe avvenire proprio a Stratagemma fra un paio di settimane (chi non viene a sentirla e a salutarmi, peste lo colga!)