domenica 22 settembre 2013

Terraforming da tavolo: Terra Mystica

Seconda giornata di Firenze Gioca (e purtroppo ultima...) e seconda occasione - per una breve scappata mattutina - per un altro test ludico, anche stavolta abbastanza soddisfacente: Terra Mystica.
Si tratta di un gioco gestionale piuttosto complesso nelle scelte strategiche, tipicamente tedesco nello sviluppo, limitato forse dal fatto di averlo provato in due (in quattro o cinque giocatori, sicuramente è tutt'un'altra cosa), che mi ha abbastanza soddisfatto, comunque meno di Village (e anche dal punto di vista pecuniario, consiglierei l'acquisto del primo e meno di quest'ultimo, che costa quasi il doppio).
Sostanzialmente, Terra Mystica è il classico eurogame di accumulo e uso - molto variegato - di risorse, sotto forma di sviluppo di terreno del proprio colore (gli unici sui quali è possibile costruire poi le proprie infrastrutture - che vanno dalla casa alla fortezza e al tempio), per poi passare a fare case, centri di commercio, chiese, fortezze, templi, e nel contempo accumulare e spendere vari tipi di risorse.
La cosa più interessante è l'utilizzo di una serie di punti che in mancanza di un termine migliore - per citare un gioco che tutti conoscono - definirei mana, con i quali è possibile effettuare tutta una serie di azioni, altrimenti spesso precluse.
La gestione di tali punti, attraverso un'oculata spesa dei punti vittoria, può nel lungo periodo portare al successo.
I modi di fare punti sono talmente tanti che la breve partita dimostrativa non mi ha assolutamente dato modo di provare al meglio (ci sono anche punti che si accumulano adorando nei templi delle quattro divinità del gioco - attraverso un altro meccanismo piuttosto interessante).
Difficile dare un giudizio preciso su un gioco così complesso dal punto di vista delle scelte strategiche (le meccaniche non lo sono poi molto, e sono riuscito a capirle dopo una sommaria spiegazione di qualche minuto), direi quasi impossibile. Sembra interessante e potenzialmente molto rigiocabile (ci sono ben 14 razze iniziali diverse, ognuna dotata di poteri particolari), ma limitato a mio avviso da una grafica un po' troppo spartana (belle le componenti, ma tutte dannatamente astratte... potevano sforzarsi un po' di più, visto anche il livello grafico di gran parte della loro competizione).

Chiudo il post odierno con una nota per citare un'interessante pubblicazione online, The Circle Review, una decisamente atipica e variegata rivista letteraria che riunisce le fatiche - estremamente eterogenee e diversificate - di diversi autori di blog (più "alti" di solito rispetto al mio), che in questo numero ospita la bellezza di quattro lavori del sottoscritto, da una tragedia scritta ai tempi delle superiori (e dannatamente retorica, per i miei gusti odierni - ma che conserva un suo perché) a una delle cose più belle che forse siano mai uscite dalla mia penna dalla più grande tragedia della mia vita, inframezzate da un paio di brevi saggi horror cinematografici - che credo siano la cosa più interessante per la maggioranza dei lettori di questo blog
Questo il link al sito dove si può scaricare gratuitamente il pdf della rivista  http://ilcircolodellearti.myblog.it/the-circle-review-rivista-culturale-letteraria-del-ring.html

Aspetto commenti - anche fuori dal blog - su questi miei pezzi (altri dovrebbero apparire nei numeri futuri - se trovo il tempo di scriverli...)

Mortacci Tua... Un punto di vista su The Village (il gioco da tavolo)

Nella ridente atmosfera ludica di Firenze Gioca 2013 (ancora una volta va il mio plauso agli organizzatori per una manifestazione ogni anno più bella - e conoscendone alcuni, non poteva essere diversamente), ieri pomeriggio ho provato un gioco da tavolo di cui avevo sentito solo vagamente parlare (pur essendo stato uno dei giochi di maggior successo per la critica nel 2012): Village.
Si tratta di un gioco da 2 a 4 giocatori, eminentemente gestionale, che per certi versi mi ha ricordato De Vulgari eloquentia (per i vari modi con cui si fanno punti e la difficoltà di pianificare una strategia su quali siano gli obiettivi più remunerativi - o almeno, così pare per un esordiente... è probabile che con il passare delle partite, si capisca quali siano le cose da fare o da non fare per vincere, o almeno provarci), per altri Lords of Waterdeep (per l'utilizzo degli ormai classici cubettini multicolori, che vengono poi utilizzati per compiere diversi tipi di azione).
In linea di massima, ogni giocatore rappresenta più generazioni di una famiglia contadina (ce ne sono 4), che si susseguiranno nella partita per cercare di svolgere le varie funzioni necessarie a un villaggio (ovvero produrre grano, vendere al mercato, viaggiare per la campagna, fare carriera all'interno della chiesa e del municipio). Ma - e qui sta la novità - bisogna anche riprodursi e tirare le cuoia. E si ottengono proprio per questo i punti vittoria che possono aprirti la strada per il successo. Ogni defunto infatti, a secondo della funzione che ricopriva al momento del decesso, viene collocato o sulla Hall of Fame del villaggio (che ha pochi posti a disposizione per ognuna delle funzioni) o nel cimitero (anch'esso con pochi posti a disposizione). La partita ha termine - e si calcola la vittoria - quando o il cimitero, o la Hall of Fame hanno completato i posti a disposizione. Quindi, decidere chi e quando far morire (ogni giocatore ha una plancia di gioco con un segnatempo e al termine di ogni giro di quest'ultimo, uno dei tuoi personaggi raggiunge il Creatore, in ordine di generazione - devi quindi prima eliminare quelli di generazione 1, poi 2, etc.) diventa fondamentale, perché più personaggi hai nella Hall of Fame, più punti ottieni in fondo (quelli nel cimitero infatti non contano nulla).
Il resto del gioco è regolato da un altro intrigante meccanismo: per ognuna delle attività possibili in un turno (ovvero, produrre grano, viaggiare per il contado, produrre macchinari agricoli -carri e animali o vendere grano, vendere al mercato, intraprendere una carriera pubblica, intraprendere una carriera ecclesiastica, riprodursi o riportare in fattoria un personaggio precedentemente messo ad altro incarico) ci sono un certo numero di cubetti a disposizione. Il giocatore di turno prende un cubetto a scelta e compie l'azione a esso correlata (che, volendo, può saltare, se non vuole o non può fare). Quando non ci sono più cubetti per quell'azione, non è più possibile fare quel tipo di azione per quel turno (a meno di non spendere tre cubetti dello stesso colore).
Ognuna delle azioni costa una certa quantità di tempo (più ne passa, più si avvicina uno dei tuoi personaggi al trapasso) e/o cubetti colorati o altri componenti (per viaggiare, per esempio, serve un carro). L'azione può produrre grano (utilizzabile sia al mercato che nella carriera ecclesiastica, come moneta di avanzamento), denaro (se vendi grano), oggetti o punti vittoria (immediati, o nel lungo periodo).
Ben presto si capisce come le risorse limitate spingano a cercare una certa strada e a sperare che sia più fruttifera di quella scelta dagli avversari. L'interazione fra giocatori è piuttosto marginale (ci si limita a darci noia portando via cubetti e forse mosse agli avversari e a precederli nel mercato - che ha un solo cubetto per turno, con il primo giocatore con una vendita libera a disposizione). E il mercato è probabilmente il mezzo per fare più punti (io nella mia partita mi sono concentrato troppo sul viaggiare - che porta sì molti punti a fine partita, ma esige troppe risorse per essere veramente fruttifero).
Le regole sono semplici con pochi punti oscuri o discutibili, le componenti di primissima qualità, so che esiste anche un'espansione per un quinto giocatore (che diventerà necessaria per il mio gruppo di gioco, se decidessi l'acquisto), e al primo impatto mi sembra un bel gioco. Sarà così anche nel lungo periodo? Non saprei dire:probabilmente alcune strategie sono più vincenti di altri e potrebbe alla lunga - a anche alla media - soffrire un po' troppo di mosse stereotipe (problema che abbiamo trovato dopo soltanto 3/4 partite in De Vulgari Eloquentia), e la scarsa interazione fra giocatori rischia di renderlo un po' barboso (è quello che temo, specialmente conoscendo il mio gruppo di gioco), ma penso che possa valer la pena anche solo per qualche partita o una partita ogni tanto

sabato 14 settembre 2013

Un pulp al giorno: Recruit for the Spider Legion

Eccoci finalmente tornati su queste pagine dopo una lunga pausa, per introdurre stavolta uno dei personaggi che hanno fatto la storia dei pulps, uno dei grandi eroi delle testate dedicate a un singolo personaggio, protagonista di ben oltre cento diverse avventure, curiosamente praticamente sconosciuto in Italia (non credo, infatti, che siano uscite edizioni dei suoi romanzi).
Parlo di Richard Wentworth, alias the Spider, the Master of Men, uno dei più fumettistici di tutti gli eroi pulp che mi sia capitato di leggere in questi mesi, quasi un perfetto emulo di Batman (anche se è probabilmente vero il viceversa). Parliamo infatti di un altro ricchissimo difensore sui generis della legge, una vera e propria macchina da guerra, priva di scrupoli e di punti deboli, con un concetto della giustizia che travalica di gran lunga i limiti delle legge imposte dagli uomini e si erge a "livella" (per citare Totò) di ogni azione malvagia compiuta dai suoi appartenenti.
Il romanzo in questione (il 114esimo della sequenza e in effetti uno degli ultimi, prima che la penuria di carta e la situazione bellica ponesse fine a questa testata) riguarda gli intrighi di un gruppo di fanatici assassini del culto di Kali, impegnati nel cercare di eliminare tutte le persone più influenti della città, a partire dal capo della polizia, Kirkpatrick, nemesi storica di The Spider, ma al tempo stesso grandissimo amico di Richard Wentworth.
Scritte per gran parte della sua vita letteraria da Norwell Page con lo house name di Grant Stockbridge, le vicende di questo strenuo difensore della giustizia suprema scorrono via ancora oggi che è un piacere, aiutate da un ricco e variegato - ancorché, ovviamente, stereotipo - cast di contorno (dal citato Kirkpatrick, irreprensibile sostenitore della legge - che nel romanzo in esame è costretto suo malgrado a uscire dal suo ruolo, non senza incredibili sforzi per placare la sua coscienza - che una volta fattolo non si guardi più indietro è una soluzione semplicistica tipica di queste narrazioni popolari non troppo fini dal punto di vista psicologico, un difetto del genere su cui non vale la pena soffermarsi più di tanto - a Nita van Sloan, la compagna del nostro eroe, e lei stessa dotata di grandi capacità di combattente e di abile tessitrice di inganni, a Ram Singh, il gigantesco sikh, compagno picchiatore di Wentworth, indefesso e sbruffone, la spalla ideale di un tipo come Spider). E' interessante notare come, diversamente da quanto avviene in altri casi analoghi, Page, almeno nel romanzo che ho letto, lasci parecchio spazio individuale alle azioni dei comprimari, concedendo il palcoscenico a ognuno di loro in modo non propriamente marginale, e dando modo al lettore di apprezzarne le caratteristiche distintive.
Finisco con una curiosità: pare che Stan Lee si sia rifatto proprio a questo personaggio, uno degli eroi della sua gioventù, quando ha pensato di creare il personaggio di Spiderman.