mercoledì 3 luglio 2013

Un pulp al giorno: Street of Jungle Death

Chiudiamo la nostra analisi del numero di luglio agosto 1939 di Strange Detective Mysteries con il racconto più significativo, se non altro per il nome del suo autore, Cornell Woolrich.
Stando ad alcune fonti consultate in rete, il racconto in questione può essere considerata una sorta di bozza di massima del successivo romanzo L'alibi nero (Black Alibi), pubblicato nel 1942 e da noi apparso una prima volta nei Gialli Mondadori e in seguito varie volte ristampato; su questo testo, il grande Jacques Tourner trasse il suo L'uomo leopardo nel 1943. Ed effettivamente, il racconto da noi esaminato in questa sede, mostra almeno un paio di scene che rimandano immediatamente alla memoria il celeberrimo Il bacio della pantera dello stesso Tourner.
La trama del racconto - che in effetti presenta alcune piccole incongruenze e una soluzione finale piuttosto telefonata e un po' forzata nelle motivazioni dell'assassino - ruota attorno a un leopardo sfuggito dalle mani di un'attrice in cerca di pubblicità, che si mette a uccidere per le vie e i parchi hollywoodiani. Uno degli investigatori incaricati dell'indagine, però, crede che dietro i delitti ci sia ben altro che un semplice leopardo, e che il vero assassino sia un uomo che usa la presenza della belva come alibi per i suoi crimini efferati. Il poliziotto, inizialmente sbeffeggiato dal superiore, si rivelerà avere ovviamente ragione.
Se la soluzione finale, come anticipato, e alcune caratterizzazioni di personaggi sembrano appena sgrossate e saranno sicuramente portate a maggior efficacia nel successivo romanzo, che condivide ben più che lo spunto iniziale di questo racconto, il fascino dello stile di Woolrich si vede già tutto anche in queste poche pagine: due scene in particolare, la sequenza del primo omicidio della bambina nel breve tunnel coperto di ombre e quella del cimitero notturno sono decisamente notevoli e la capacità descrittiva dell'autore si coglie già senza limitazioni di sorta, e come detto richiama magistralmente quello che di lì a pochi anni Tourner ci avrebbe fatto vedere sul grande schermo.
Non sono un grande amante del noir - e per questo motivo Woolrich mi è sempre stato poco più di un nome, senza aver letto quasi nulla di lui - ma devo dire che questo racconto mostra l'indubbia capacità affabulatoria del nostro, con tocchi orrorifici che non sono mai soverchianti, ma si fanno sentire e apprezzare.
Be', questo chiude la nostra disamina di un eccellente rivista pulp mystery-horror. La prossima lettura sarà un altro G-8 and his battle aces (che forse troverò la forza di esaminare anche in questo blog... ma non contateci troppo... letti uno, letti tutti...)

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