mercoledì 6 febbraio 2013

Un pulp al giorno: They dine in darkness

Voglio cominciare una nuova rubrica, un piccolo assaggino giornaliero della mirabolante e straordinaria narrativa pulp anni Trenta e Quaranta.
Essendo impegnato nell'incarico di proof-reader per la Radioarchives, ho ampia disponibilità di storie da raccontarvi e aneddoti da riferire, e spero che questo breve appuntamento quotidiano (magari!) possa riscuotere il vostro interesse.
Inizierò quindi da questa storia, They dine in Darkness, apparsa sul numero di Settembre del 1935 di Dime Mystery Magazine, e dovuta all'estro e alle capacità inventive di Arthur Leo Zagat (prolifico autore pulp, spesso in coppia con Nat Schachner, e attivo in generi diversi, ma di solito legati al fantastico).
E' la storia di una giovane donna che, per conoscere il fato del marito scomparso due anni prima durante un naufragio, apparentemente causato dalla stessa compagnia armatrice per riscuotere i proventi dell'assicurazione, si offre come segretaria a uno strano personaggio - che occupa un ufficio di un palazzo sul punto di essere demolito e quindi privo di altri inquilini, dove i ratti scorrazzano tranquillamente nei corridoi bui e umidi - nella speranza di trovare i documenti che possano confermare la sua ipotesi e punire i colpevoli. In mezzo a una serie di eventi inquietanti e una narrazione tesa e opprimente, la ragazza - che crede di essere finita in mezzo a un incubo mostruoso fatto di creature di Frankenstein e ratti giganteschi - riuscirà non solo a dimostrare la propria tesi, ma anche a ritrovare il marito, orrendamente sfigurato, ma ancora vivo e vegeto.
Ottimo esempio di narrativa pulp dell'orrore, appartenente al filone delle "damsels in distress" - che consentiva agli autori di stimolare gli aspetti più voyeouristici e depravati dei lettori (attraverso descrizioni piuttosto truculente e sadiche, nell'esempio in questione, dei banchetti dei topi giganti - in realtà capibara - oppure attraverso le torture fisiche inflitte alla protagonista, che finisce inesorabilmente per trovarsi coperta di ferite e con gli abiti a brandelli) - il racconto di Zagat mostra i punti di forza e i limiti della narrativa di genere: scrittura affrettata, piena di errori sintattici e di ripetizioni, ma indubbiamente capace di avvincere e di portare il lettore nella direzione desiderata (in questo caso, sviarlo verso il soprannaturale, quando in realtà ci troviamo semplicemente davanti a un mystery tradizionale, grazie a un'ottima costruzione dell'ambiente e all'opprimente claustrofobia che l'autore riesce a evocare con le sue parole, fin a partire dall'ottimo titolo - sui titoli delle riviste pulp farò un pezzo nei prossimi giorni, perché merita).
Molti esempi del genere a seguire nei prossimi giorni

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